LETTERA
di CLAUDIA ROSSI (IN MEMORIA di
GIUSEPPINA CONTI)
"Buongiorno, mi chiamo Claudia ed abito a
Terni, in Umbria. Vi scrivo perché il ricordo di
ciò che accadde all'Heysel nel 1985 non mi
abbandona. Mai. Questo non solo per il carattere
così terribile delle dinamiche legate alla
tragedia, ma anche perché fu solo un caso che io
e mio padre non fossimo là. Non l'ho mai
raccontato, qualche volta soltanto l'ho
ricordato parlando con mia mamma. Ma sento il
bisogno di dirlo a qualcun altro, qualcuno che
possa capirmi e non mi consideri "strana" ad
avere questi pensieri, a non riuscire a
dimenticare. Era il 1985, avevo 14 anni ed era
una calda primavera. La scuola stava finendo, le
vacanze erano alle porte. Insomma, eravamo in
quella fase allegra dove l'unico pensiero era
quanto caldo fosse il sole e come e quanto ci
saremo divertiti quell'estate. Mio padre riuscì
ad acquistare i biglietti per la finale allo
stadio Heysel e tutto contento corse a casa per
dircelo. Era un operaio e faceva i turni, ma era
riuscito ad avere tre giorni di ferie
organizzandosi con i suoi amici in squadra con
lui. Era felice perché i biglietti per la finale
erano introvabili, ma lui riuscì a trovarli. Ma
era riuscito a trovarne soltanto due. Quindi mia
madre sarebbe dovuta restare a casa. Sono molto
attaccata alla mia famiglia ed abbiamo fatto
sempre tutto insieme, così, anche se a
malincuore, dissi a mio padre che non sarei
partita senza mia mamma. Quindi lui cedette i
due biglietti del settore Z ad un amico (che
andò a Bruxelles, ma non entrò perché vide
troppi tafferugli e poca sicurezza già nei
dintorni dello stadio e questo lo salvò).
La
sera del 29 Maggio 1985, quando ci sedemmo tutti
insieme per vedere la partita, il nostro sangue
si fermò. Mio padre era bianco in viso e non
faceva altro che dire "guarda lì, sta succedendo
un casino, guarda... Ci saranno sicuramente dei
morti, guarda... Uno sopra all'altro, come fanno
ad essere ancora vivi...". Eravamo senza
parole... Non trovo parole nel descrivere cosa
vuol dire guardare in diretta una tragedia
simile. E tutto si amplifica, pensando che in
mezzo a quel disastro potevamo esserci anche
noi. Mio padre era seduto incredulo al tavolo
del salotto, mia madre sul divano con le mani
sulla bocca e le lacrime agli occhi. Io mi alzai
e, d'istinto, andai a toccare la spalla di mio
padre. Rimanemmo così per qualche minuto. Pizzul
parlava e descriveva ciò che stava accadendo, ma
sospettavamo fosse ancora peggio. La partita si
giocò lo stesso, ma non c'era più gioia né
senso. Era come mangiare segatura. I giorni
successivi capii che la scelta che feci fu
perfetta. L'amore per mia madre salvò sia me che
mio padre. Ma non sono più riuscita a non
pensare più a quella sera, come se un filo
invisibile ed inspiegabile mi tenesse in qualche
modo legata a chi era lì e non ce l'ha fatta.
Spesso ripenso a quel giorno di primavera, alle
39 persone che hanno perso la vita… C'è
soprattutto un uomo, un padre che non riesco a
dimenticare. I giorni successivi, comprai tutti
i giornali che pubblicarono articoli riguardanti
la tragedia dell'Heysel ed uno, in particolare
(che conservo ancora, ma non ho più guardato)
pubblicò moltissime foto. Tra queste, una mi è
da sempre rimasta impressa nella mente e nel
cuore: la foto di un padre che, piangendo,
teneva tra le braccia la figlia: l'estremo
pallore, la posizione del corpo, i visi di
quelli attorno a loro, tutto lasciava intuire
che quella ragazza non c'era più. Non so il nome
di questo signore, ma il suo viso e quello della
figlia sono stampati nella mia mente. Forse
perché avremmo potuto essere io e mio padre al
loro posto, forse è per questo che non riesco a
dimenticarli. Non so dove siano i sopravvissuti
alla strage dell'Heysel, non conosco i loro
visi, ma sia loro che i 39 di quella sera sono e
saranno sempre nel mio cuore. Un abbraccio
sincero.
Claudia
POST SCRIPTUM:
"Sono onorata di dare il mio consenso a
pubblicare la mia mail ed altrettanto mi
emoziona sapere che sarò ulteriormente legata a
quella sera, anche se da sempre sono legata a
tutte le vittime ed ai loro familiari da un filo
invisibile, come già detto. Solo il forte amore
per mia madre mi ha impedito di sedere insieme a
mio padre nel settore Z. Purtroppo lui non c'è
più da quasi dieci anni, ma anche lui in qualche
modo si sentiva "legato" nell'anima alle 39
vittime dell'Heysel. Ho parlato di voi a mia
madre ed insieme siamo tornate a quei giorni del
1985: anche lei non ha mai dimenticato. Colgo
l'occasione per sottolineare che anche i suoi
sentimenti sono uguali ai miei. Anche lei si è
sempre sentita in qualche modo "legata" a quella
sera. Ieri ne abbiamo parlato, abbiamo ricordato
e ci sono venuti i brividi. Ci siamo commosse.
Grazie ancora per avermi rivelato il nome di
Giuseppina Conti: adesso, non so perché, mi
sento un po' più serena. Con infinito rispetto
ed affetto. Un abbraccio a tutti i sopravvissuti
e a chi è rimasto a piangere quei 39 cuori".
Claudia Rossi
Fonte:
Associazionefamiliarivittimeheysel.it © 31 ottobre 2022
Fotografie: Adrianolazzarini.blogspot.com
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