30 Anni
di Heysel: Bambagia, Veleni e Melassa
La Memoria
si alleni, ma sia sempre la Verità a salire
sul podio più alto
di
Domenico Laudadio
Che
sensazione strana, e molto più del precedente
25°. In Italia campeggia questa pessima
consuetudine socio-mediatica della memoria
che fa il salto della cavallina a cinque
anni alla volta. Un mese, una settimana,
il giorno che cade, poi la rincorsa
si ferma.
Fra qualche ora molte televisioni e
quasi tutti i giornali riavvolgeranno
il canapo marinaro dimenticato nei fondali
dell’oblio rimuovendo l’ancora dalle
sabbie ataviche e spronando le vele
al vento dei ricordi di quella sera
di maggio, quando un pallone prese le
sembianze del clown, rimbalzando beffardo
a pochi metri dai corpi nel cimitero
dell’Heysel. Ritorneranno così le immagini
televisive dai colori sbiaditi del 29
maggio 1985 a Bruxelles e soltanto lo
strazio è rimasto intatto anche per
chi ha tinto i capelli di argento. Qualcuno
di loro li ha già raggiunti, altri hanno
combattuto e magari vinto sopravvivendo
ad un dolore scorpione, al suo veleno
che paralizza i giorni. Familiari delle
vittime, silenziosi e dignitosi, in
tutti questi anni gli unici a poter
parlare, gli ultimi ad essere interpellati
da chi si iscrive alla sarabanda della
presunzione. Non mi dispiace di non
accodarmi alla nenia, talvolta ipocrita
e meschina, del coro bianco dei soloni
di una desolante assuefazione a fatti
che ancora urlano vendetta, alla misconoscenza
delle verità storiche e processuali.
Si può stendere un sudario pietoso sui
particolari più truci, ma non certamente
rinunciare all’identificazione delle
responsabilità di quanti furono gli
artefici o colposamente sodali della
carneficina di 39 innocenti.
Lascio alla scrittura dei mestieranti
le emozioni da prefiche, le morali semplicistiche
da trenta denari. Dico solo che il male
supremo non è tanto quella coppa di
acciaio, ma negli occhi di chi ancora
oggi non prova vergogna a risollevarla,
giustificandosi dietro il paravento
della compensazione. E allora comprendi
perché è stata conservata frettolosamente
nella bambagia, come un primogenito
cieco dalla nascita che resterà a vita
nella sua immeritata tenebra. Inutile
muovergli sonagli, non vi sorriderà
mai. La melassa di troppe parole non
restituisce all’assenza di quei cari
il senso compiuto. Si può avvicinare
a stento e con discrezione una preghiera.
Eppure anche Cristo si è arreso in croce
alla solitudine, lo facciano anche i
farisei del grande calcio e rinnovino
i templi dove si adorano anche certi
dei fasulli che si vendono a corrotti
di mafie. Forse, allora, finalmente
quel sangue dei martiri versato tragicamente
e copiosamente rifiorirà in prati più
verdi.
"Il valore della Memoria, il dovere della Verità"… A fare e disfare la tela
delle congetture, la Penelope devota
al politichese corretto si arrenderà
all’evidenza. Non è stato il muretto
crollato, non sono morti per "cause
naturali" come scritto nelle autopsie
frettolose e infami di medici militari
senza onore. "Una verità condivisa"…
E’ come sposare insieme nella geometria
il taglio di una torta nuziale a più
piani. Il tocco maldestro e la mano
esperta non sono fatti per l’amore eterno,
a meno che non riscoprano l’emozione
e l’umiltà in un tremito.
Perché davanti a quei trentanove nomi
e cognomi si abbassano vessilli e alabarde,
si snocciola il silenzio come un rosario
e si bacia la terra dalle ginocchia.
Fonte: Giùlemanidallajuve.com
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29 maggio 2015
Fotografia: Gazzetta.it ©
Grafica:
Gianni Valle
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