Heysel, la "staffetta della memoria" da
nonno a nipote
Andrea Lorentini
aveva tre anni quando il padre Roberto morì nello
stadio belga. Il nonno Otello fondò l'Associazione
familiari delle vittime e la sua lotta portò alla
sentenza che punì l'Uefa e a stadi più sicuri. Ora
il nipote rilancia la battaglia per la giustizia.
AREZZO
- Quando suo padre
Roberto Lorentini perse la vita all'Heysel, Andrea
aveva da poco compiuto tre anni. Di lui oggi non
ha che pochi flash, ma in cuore serba tutta la determinazione
e la generosità di quel giovane medico aretino
che non esitò a tornare indietro per salvare un
bambino, a costo della sua vita. Per fondare, anzi
rifondare l'Associazione familiari vittime dell'Heysel,
Andrea è partito da lì e dalla forza di suo nonno
Otello che allo stadio c'era e vide morire il suo
unico figlio. Attraverso l'Associazione, Andrea
porta avanti il ricordo di quella tragedia "che
non è avvenuta a caso" e lo fa nel rispetto della
verità perché -
dice - "non c'è memoria senza verità". Oggi
Andrea Lorentini ha 33 anni, vive nella stessa casa
di papà Roberto e nonno Otello, è sposato da poco
con Elisa, ha una laurea in scienze della comunicazione
e una professione, quella di giornalista, che lo
ha spinto a seguire le orme del nonno.
"Otello è scomparso
lo scorso gennaio (NdR: 11 maggio 2014)
a 91 anni. Quando perse suo
figlio ne aveva 61 ed era andato in pensione da
cinque mesi per occuparsi insieme a mia nonna di
me e mio fratello Stefano, visto che mia madre
Arianna
era laureanda in medicina e aveva ovviamente bisogno
di sostegno. Dal giorno della tragedia dell'Heysel
- racconta Andrea Lorentini - non ha mai smesso
di lottare, di cercare giustizia non solo per suo
figlio ma per tutte le 39 vittime. Per affrontare
il processo e costituirsi parte civile aveva bisogno
però di trovare forza in un'associazione che fondò
di lì a poco".
"Nei primi anni la sua
fu una sorta di battaglia contro i mulini a vento,
nessuno ascoltava, nessuno sentiva. Dopo la prima
sentenza che assolse la Uefa, nonno Otello non si
perse d'animo e si batté per il secondo grado di
giudizio. Faceva tanti viaggi a Bruxelles insieme
ad avvocati di Arezzo che lo seguivano e che tutelavano
l'associazione attraverso il legale italobelga Daniel
Vedovatto. Si deve alla sua forza - dice Andrea
con orgoglio - se la storica sentenza del 1991,
condannando l'Uefa, ha scritto una pagina che fa
tutt'ora giurisprudenza e che obbliga la stessa
Uefa a scegliere stadi e standard di sicurezza elevati
dal momento che l'ha dichiarata colpevole per quanto
accadde all'Heysel. Mio nonno ha dato sicuramente
un grande contributo affinché la violenza negli
stadi regredisse in alcuni casi fino a sparire totalmente".
Nel 1992 l'Associazione
si estingue ma Otello Lorentini non si ferma e fonda
il Comitato contro la violenza nello sport Lorentini
Conti (il cognome di Giuseppina l'altra vittima
aretina dell'Heysel): "E' frutto del lavoro di questo
comitato l'amichevole nel 2005 tra le formazioni
primavera di Juventus e Liverpool, in quella della
Juve c'erano Marchisio e Giovinco destinati poi
ad altre platee". Subito dopo l'attività si ferma
e, a gennaio di quest'anno, quando Otello scompare,
Andrea Lorentini decide di fondare l'Associazione
vittime dell'Heysel.
"Con la morte di mio nonno non volevo che il ricordo
scomparisse, ho fondato l'Associazione per difendere
la memoria, portare avanti i suoi principi e promuovere
iniziative per diffondere la cultura sportiva. Il
29 maggio saremo a Torino per la messa che condivideremo
con la Juventus. Avevamo pensato anche ad un monologo
che ricostruisse con esattezza i fatti ma non ci
siamo trovati d'accordo con la società su un punto:
per la Juventus l'importante è ricordare, per l'Associazione
che rappresento è raccontare la verità, senza imbarazzi
perché alla fine la Juventus è vittima essa stessa
di negligenze e pecche di Uefa e organizzazione
belga. Il disgelo con la società è avvenuto nel
2010 con Andrea Agnelli, con il quale mi sono incontrato
più volte. Spero che il dialogo possa proseguire
proprio sul desiderio di raccontare la verità che
non condanna nessuno se non le coscienze degli uomini
che quella sera, con le loro pesanti negligenze
hanno, per contro condannato, a morte 39 persone".
Fonte: Iltirreno.gelocal.it
©
23 maggio 2015
Fotografia:
Arezzonotizie.it
©
|