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ARTICOLO 29-05-2015
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La Stampa  28.05.2015
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La partita infinita delle famiglie

"La memoria si allena"

di Giulia Zonca

Processi chiusi, resiste l’associazione delle vittime. "Ma ciascuno di noi ha il proprio pezzo di storia".

Per chi ha perso qualcuno dentro lo stadio dell’Heysel ogni 29 maggio arriva sempre nello stesso modo. Non importa che siano i 30 anni, i 29 o i 18, che la messa sia privata o condivisa, è sempre una spia che si accende, un dolore latente e un’emozione, il ricordo che si rinnova e il bisogno di non dimenticare: "La memoria si allena", è la semplice perfetta frase che ripetono tutti. Molte famiglie lo chiamano "giorno del raccoglimento", semplice, spoglio, un momento intimo impossibile da spiegare, non ha bisogno di rituali, si muove da solo con il suo carico: tutto si amplifica perché l’anniversario è per sua natura collettivo: "Il cuore torna alla tragedia e per fortuna la testa ti porta via". I parenti difendono le immagini private, quelle che salvano perché mantengono il calore a dispetto dell’assenza. C’è un filo conduttore pubblico che è l’associazione, passata in gestione già alla seconda generazione, e poi c’è un grumo di ricordi, personali e protetti che non vengono scambiati neanche tra chi ha in comune una notte d’orrore. Le testimonianze - Andrea Lorentini oggi è il presidente dell’associazione, l’ha ereditata dal nonno che l’aveva messa in piedi per avere giustizia. Ora che il processo è chiuso resta la volontà di tramandare, di raccontare la verità perché nulla venga dimenticato, perché le responsabilità non sbiadiscano. Poi ci sono le fitte, come la voce squillante di Andrea che si abbassa quando parla del padre Roberto, medico e medaglia d’argento al valore civile, deceduto mentre cercava di salvare un bambino. Di fare il suo lavoro: "Non ho alcun ricordo di lui, ero troppo piccolo ma sono cresciuto con il suo esempio. Ci ha lasciato il suo grande altruismo". Andrea fa il giornalista sportivo, non ha chiuso il calcio dentro una scatola nera "anzi sono convinto che possa esprimere dei valori, non lo associo a quell’inferno". Sembra strano ma non ha mai scambiato il suo pezzo di storia con la famiglia di chi la completa, con la sorella e la mamma di Andrea Casùla, la vittima più giovane, il bimbo che il padre di Andrea cercava di rianimare all’Heysel. La memoria collettiva - La sorella del piccolo Andrea, Emanuela, oggi è vicepresidente ma Lorentini trova normale che "ognuno tenga per sé il proprio pezzo di famiglia". La storia collettiva è finita sul prato insanguinato, non c’è altro da dire. Emanuela un giorno ha chiesto alla madre di smontare la cameretta totem del fratello tenuta uguale a se stessa nonostante gli anni. È successo tanto tempo fa, Emanuela aveva già capito che la memoria si allena in un altro modo. Come sottolinea Fabrizio Landini che in quel macello ha perso uno zio: "La memoria non va riesumata ma protetta, coltivata". Quando Giovacchino Landini era in vita, la famiglia gestiva una trattoria a Torino, ora si sono trasferiti in Liguria, tornano ogni anno per la messa: "Mio zio si sapeva godere la vita, peccato che non abbia potuto farlo a lungo come meritava. Io ero e sono rimasto tifoso della Juve, lo zio era così innamorato di quella squadra che non mi sono mai immaginato un tradimento. Non vado allo stadio, non per paura, per...". Le parole mancano, forse quella giusta è distanza. Quel filtro quasi impossibile tra il dolore e il ricordo. Per restare in equilibrio bisogna allenare la memoria, senza mescolare l’esempio da tramandare con le storie da custodire. Fonte: La Stampa © 29 maggio 2015  Fotografie: Guerin Sportivo © La Stampa © Associazionefamiliarivittimeheysel.it ©

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