Nel
nome del padre
di Andrea Lorentini
All’Heysel
ho perso mio padre Roberto, medico di 31 anni.
Avrebbe potuto salvarsi, anzi si era già salvato,
se non fosse tornato indietro per soccorrere
un bimbo ferito. E la seconda carica degli hooligans
gli fu fatale. Per questo è stato insignito
della medaglia d’argento al valor civile. Mio
nonno Otello, padre di Roberto, alla battaglia
contro la violenza negli stadi e nello sport
in generale ha dedicato gli ultimi 30 anni della
sua vita. Ha fondato l'associazione dei parenti
delle vittime ed ha affrontato un processo lungo
7 anni. Nel 1990, ottenne la condanna dell'Uefa
per quanto era successo la notte dell'Heysel,
quando disorganizzazione, superficialità ed
errori avevano contribuito alla strage di 39
innocenti. Una sentenza, storica, che ha fatto
giurisprudenza. Poi altre battaglie, altre dichiarazioni,
altri impegni perché il calcio diventasse finalmente
un mondo sicuro. Non è ancora così, ma Otello
Lorentini lascia comunque un'eredità di impegno
civile che non è stata inutile. Dopo
la sua scomparsa, lo scorso 11 maggio, e nell’avvicinarsi
del trentennale, ho deciso di raccogliere il testimone
perché questo percorso non si arrestasse definitivamente,
ma proseguisse sulla strada da lui tracciata. Da
qui l’idea di ricostituire l’associazione fra i
familiari delle vittime. Alla mia proposta hanno
risposto un buon numero di familiari. L’auspicio
è che altri possano condividere questa esperienza
più avanti. L’associazione, ovviamente, rappresenterà
tutte le vittime dell’Heysel. Anche quelle famiglie
che hanno ritenuto di non intraprendere questo percorso.
L’Associazione avrà
lo scopo di difendere in ogni dove, anche dal punto
di vista civile e penale se necessario, la memoria
dell’Heysel e di chi quel giorno vi perse la vita,
oltre che battersi contro la violenza, fisica e
verbale, nel calcio così come negli altri sport.
Una memoria ancora oggi troppo spesso calpestata.
Basti pensare a cori e striscioni che si sentono
e vedono in alcuni stadi, frutto dell’ignoranza
e dell’idea che non ci sono avversari, ma solo nemici.
Chi oggi ha trent'anni non sa cos'è successo all'Heysel,
non sa che sono morti degli innocenti, che in quella
curva Z c’erano le famiglie, tifosi del calcio.
Più passa il tempo e meno occasioni ci saranno per
ricordare ciò che è accaduto, ma la memoria va allenata
e se ci sarà bisogno d'intervenire lo faremo, perché
non ne posso più di sentire offendere i morti, di
sentire offendere mio padre morto all'Heysel".
L’associazione
si propone d’intrattenere rapporti con tutte quelle
associazioni (italiane e straniere) che hanno obiettivi
simili, organizzare convegni e incontri per affrontare
la tematica della violenza nello sport e condurre
campagne di sensibilizzazione, verso il pubblico
e le istituzioni politiche e sportive, italiane
e internazionali.
L’associazione è già al lavoro per individuare
la maniera più degna per commemorare il trentennale
dell’Heysel che ricorrerà il prossimo 29 maggio.
In questi ultimi anni, con la presidenza di Andrea
Agnelli, la Juventus si è posta in maniera diversa
verso la tragedia di Bruxelles dopo che per oltre
20 anni ha completamente dimenticato e ignorato
quella notte e le famiglie. Di questo rendo merito
pubblicamente al dottor Agnelli che si è fatto carico
di una nuova sensibilità e attenzione verso quella
tragedia. L’auspicio è che questo terreno di confronto
che si è aperto e la volontà della società bianconera
di non considerare più l’Heysel un tabù, ma un pezzo
della sua storia, possa portare ad una collaborazione
fattiva con l’associazione che rappresento.
Fonte: Associazione
fra i Familiari delle Vittime dell’Heysel © Arezzo, 17 gennaio
2015
Fotografie: La Nazione © Arezzonotizie.it
Grafica:
Gianni Valle ©
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