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ARTICOLO 17-01-2015
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17.01.2015
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Nel nome del padre

di Andrea Lorentini

All’Heysel ho perso mio padre Roberto, medico di 31 anni.  Avrebbe potuto salvarsi, anzi si era già salvato, se non fosse tornato indietro per soccorrere un bimbo ferito. E la seconda carica degli hooligans gli fu fatale. Per questo è stato insignito della medaglia d’argento al valor civile. Mio nonno Otello, padre di Roberto, alla battaglia contro la violenza negli stadi e nello sport in generale ha dedicato gli ultimi 30 anni della sua vita. Ha fondato l'associazione dei parenti delle vittime ed ha affrontato un processo lungo 7 anni. Nel 1990, ottenne la condanna dell'Uefa per quanto era successo la notte dell'Heysel, quando disorganizzazione, superficialità ed errori avevano contribuito alla strage di 39 innocenti. Una sentenza, storica, che ha fatto giurisprudenza. Poi altre battaglie, altre dichiarazioni, altri impegni perché il calcio diventasse finalmente un mondo sicuro. Non è ancora così, ma Otello Lorentini lascia comunque un'eredità di impegno civile che non è stata inutile. Dopo la sua scomparsa, lo scorso 11 maggio, e nell’avvicinarsi del trentennale, ho deciso di raccogliere il testimone perché questo percorso non si arrestasse definitivamente, ma proseguisse sulla strada da lui tracciata. Da qui l’idea di ricostituire l’associazione fra i familiari delle vittime. Alla mia proposta hanno risposto un buon numero di familiari. L’auspicio è che altri possano condividere questa esperienza più avanti. L’associazione, ovviamente, rappresenterà tutte le vittime dell’Heysel. Anche quelle famiglie che hanno ritenuto di non intraprendere questo percorso. L’Associazione avrà lo scopo di difendere in ogni dove, anche dal punto di vista civile e penale se necessario, la memoria dell’Heysel e di chi quel giorno vi perse la vita, oltre che battersi contro la violenza, fisica e verbale, nel calcio così come negli altri sport. Una memoria ancora oggi troppo spesso calpestata. Basti pensare a cori e striscioni che si sentono e vedono in alcuni stadi, frutto dell’ignoranza e dell’idea che non ci sono avversari, ma solo nemici. Chi oggi ha trent'anni non sa cos'è successo all'Heysel, non sa che sono morti degli innocenti, che in quella curva Z c’erano le famiglie, tifosi del calcio. Più passa il tempo e meno occasioni ci saranno per ricordare ciò che è accaduto, ma la memoria va allenata e se ci sarà bisogno d'intervenire lo faremo, perché non ne posso più di sentire offendere i morti, di sentire offendere mio padre morto all'Heysel".  L’associazione si propone d’intrattenere rapporti con tutte quelle associazioni (italiane e straniere) che hanno obiettivi simili, organizzare convegni e incontri per affrontare la tematica della violenza nello sport e condurre campagne di sensibilizzazione, verso il pubblico e le istituzioni politiche e sportive, italiane e internazionali. L’associazione è già al lavoro per individuare la maniera più degna per commemorare il trentennale dell’Heysel che ricorrerà il prossimo 29 maggio. In questi ultimi anni, con la presidenza di Andrea Agnelli, la Juventus si è posta in maniera diversa verso la tragedia di Bruxelles dopo che per oltre 20 anni ha completamente dimenticato e ignorato quella notte e le famiglie. Di questo rendo merito pubblicamente al dottor Agnelli che si è fatto carico di una nuova sensibilità e attenzione verso quella tragedia. L’auspicio è che questo terreno di confronto che si è aperto e la volontà della società bianconera di non considerare più l’Heysel un tabù, ma un pezzo della sua storia, possa portare ad una collaborazione fattiva con l’associazione che rappresento. Fonte: Associazione fra i Familiari delle Vittime dell’Heysel © Arezzo, 17 gennaio 2015 Fotografie: La Nazione © Arezzonotizie.it Grafica: Gianni Valle ©



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