Heysel,
l’avvocato Claudio Pasqualin:
"Per i
familiari delle vittime risarcimenti che sono
briciole"
di Antonio
Simeoli
Il "re del
calciomercato" rivive le tormentate fasi del
procedimento giudiziario: "Ricordo i volti degli
hooligans imputati e il loro sguardo perso nel
vuoto".
Alessandro
Del Piero quel 29 maggio 1985 non aveva nemmeno
11 anni, 12 anni dopo avrebbe alzato a Roma la
Coppa dei Campioni, quella "vera" per la
Juventus. Claudio Pasqualin, avvocato vicentino
di origini friulane, è stato il celebre
procuratore di Del Piero. Prima di diventare re
del calciomercato fu uno dei legali italiani che
seguirono il processo che cercò di trovare dei
colpevoli alla tragedia dell’Heysel. Assisteva
per la parte civile la moglie di Nisio Fabbro,
una delle 39 vittime. "Fu una disgrazia immane e
alla fine i familiari delle vittime ebbero solo
briciole - ricorda - È vero, la perdita di una
persona cara non potrò mai avere prezzo, ma
quello che accadde negli anni successivi a
Bruxelles, nell’interminabile coda giudiziaria
della tragedia, per quei familiari, se
possibile, aggiunse dolore al dolore. Il "re del
calciomercato" allora aveva 45 anni, cominciò a
seguire le vicende processuali dell’Heysel
mettendosi innanzi tutto in contatto e lavorando
in sinergia con l’Associazione familiari delle
vittime che nel frattempo Otello Lorentini ad
Arezzo aveva costituito. "Ricordo quando arrivai
per la prima volta all’aeroporto di Bruxelles
per l’udienza inaugurale. Presi un taxi diretto
al palazzo di giustizia. Il taxista dallo
specchietto mi squadrava, a un certo punto mi
chiese cosa andassi a fare al Palazzo di
giustizia, io nominai la parola Heysel e notai
subito sul suo
volto una sincera commozione.
Corse ad aprirmi la porta, non volle un franco,
e mi batté più volte la mano sulla spalla:
"Courage". "Ce ne volle in quelle interminabili
udienze. Degli hooligans protagonisti dell’orda,
solo 26 vennero portati davanti a un giudice".
Qui il ricordo di Pasqualin è nitido: "Quei
ragazzi avevano sguardi persi nel vuoto, mentre
il magistrato leggeva i loro nomi e cognomi e
accanto pronunciava per tutti due parole: "Sans occupation". Molti di loro riuscimmo a
inchiodarli alle loro responsabilità guardando e
riguardando i fotogrammi delle immagini tv. Non
c’erano le tecnologie di adesso, fu un’impresa
titanica perché c’erano 18 ore di immagini da
scandagliare". Trentacinque anni dopo nel legale
vicentino la ferita è ancora aperta. "Ne ho
avuto modo di parlare in questi anni diverse
volte con l’amico Bruno Pizzul, che quel giorno
fece la telecronaca della partita per la Rai: si
tratta di una immane tragedia che ha cambiato la
storia delle competizioni sportive". Poi quella
battuta tranciante sui risarcimenti alle
vittime. Che ripete e ripete: "Briciole, alle
famiglie diedero le briciole". E quelle
briciole, va detto arrivarono, grazie
soprattutto alla tenacia del toscano Lorentini.
Da qualche anno non c’è più. Ma è stato il
motore per la ricerca della giustizia. A
Bruxelles, assieme al figlio Roberto, subito si
salvò dalla morte riuscendo a scappare sul campo
di gioco. Il figlio, però, giovane medico tornò
indietro in quella carneficina per cercare di
salvare un bambino e fu travolto da una seconda
ondata di folla spinta dagli hooligans. Ha
ricevuto per questo una medaglia d’argento al
valor civile. Ma la legge belga, in un primo
momento fu clemente per gli inglesi e
soprattutto per Federcalcio locale e Uefa. Nel
marzo 1989 in primo grado solo 13 hooligans
vennero condannati a una pena mite di tre anni
con la condizionale. Lievi le condanne per il
capo della Federcalcio belga e per i
responsabili delle forze dell’ordine,
praticamente inesistenti la sera di 1985 allo
stadio. L’appello, un anno dopo, almeno inchiodò
l’Uefa alle proprie responsabilità. E le
briciole ? Per le 39 vittime, 32 italiane, e i
quasi 600 feriti, trecento dei quali in modo
serio, furono decisi indennizzi da 4 a 400
milioni di lire (da 2.065 a 206 mila euro) a
seconda del reddito ripartiti tra Stato,
federazione belga e Uefa. Ma molti di quei soldi
o non arrivarono davvero oppure servirono a
malapena per pagare le spese legali. E a ogni
anniversario spuntano in giro per l’Italia una
vedova, un figlio, un parente che reclamano
ancora quei denari. Se la Fiat, ad esempio, per
ciascuna vittima stanziò 100 milioni di lire (52
mila euro circa), dalla Federcalcio italiana,
invece, non arrivò alcun contributo. Il Governo
del calcio condannato pur solo per il reato di
omessa prevenzione ? Reagì con sdegno. Lennard
Johannson, svedese, numero uno del calcio
europeo, si disse addirittura "sorpreso e
indignato". Le squadre inglesi furono
squalificate dalle coppe europee per cinque
anni, il Liverpool per sei. "È un verdetto che
tende a considerare l’Uefa responsabile della
sicurezza dei giocatori e degli spettatori per
tutte le partite giocate in Europa, il che
significa oltre 500 gare all’anno distribuite in
una trentina di Paesi, scaricando gli
organizzatori locali sportivi e politici, di
tutte le responsabilità in materia di
sicurezza", disse. E definì la sentenza
"incoraggiamento alla passività per le
organizzazioni locali". Nemmeno i risarcimenti
per le spese mediche in Belgio arrivarono per i
feriti. Le autorità sanitarie del regno
chiedevano le ricevute. "Briciole dopo una
tragedia immane", ripete Pasqualin. Briciole e
pure meschinità. Poi l’ultimo ricordo: "Dopo
un’udienza tornai all’aeroporto, riconobbi uno
degli hooligans. Lo vidi passare accanto a
un’edicola dove c’erano le foto in prima pagina
degli imputati. Diede una distratta occhiata e
tirò dritto. Con lo sguardo vuoto". Di chi aveva
pensato di averla fatta franca.
Fonte: Tirreno.gelocal.it ©
27 maggio 2020
Fotografie:
Urban.brussels/fr
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Vvox.it
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