L'anniversario del 29 maggio
deve ispirare un modo diverso di
ricordare
Heysel, tragedia europea
Sia una memoria comune
di Emilio Targia
Bisogna andare oltre il
proprio tifo e il dibattito
calcistico: è storia.
Un altro 29 maggio. Che
per molti di coloro che erano
allo stadio "Heysel" di
Bruxelles quella maledetta sera
del 1985 non è più solo una data
sul calendario. E' un'altra
cosa. E' una sequenza di
pensieri che rimbomba dentro. E'
un flusso di immagini e parole
che riaffiora. Sono due numeri
che riaccendono un sentimento
affilato, complicato da
spiegare, dal colore indefinito,
che galleggia tra rabbia e
dolore. Così come "Heysel" non è
più solo il nome di uno stadio,
da quella notte di 38 anni fa a
Bruxelles. Ma incarna solo il
suono della follia di quella
strage. Un suono sinistro, per
una strage che si poteva e
doveva prevedere. Che si poteva
e doveva evitare. Spesso, in
questi anni, ci siamo soffermati
sulle responsabilità dell’Uefa e
delle forze dell'ordine preposte
a vigilare sulla sicurezza.
Sulla inadeguatezza di quello
stadio, sulla furia degli
hooligans, sulla serie di
concause che portò a quel
tragico epilogo. Spesso in
questi anni i familiari delle
vittime e i sopravvissuti a
quella notte hanno invocato
giustizia. E altrettanto spesso
in tanti hanno chiesto rispetto
per le vittime e peri loro
familiari. Credo che per
ottenere
e
proteggere
la
dimensione del rispetto l'unico
sentiero possibile sia quello
della manutenzione della
memoria, definizione coniata
dall'attore Marco Paolini (che
di memoria delle vicende del
nostro paese ne sa qualcosa),
per consegnare l'onere della
memoria alla responsabilità di
tutti e di ciascuno, nel proprio
quotidiano. Non sempre in questi
decenni infatti si è guardato
alla "memoria" e alla verità
dell'Heysel con la giusta dose
di consapevolezza. E di
responsabilità. A volte il tema
Heysel è scivolato indebitamente
su crinali sbagliati, ha
smarrito il suo senso in
polemiche sterili. Come l'eterno
refrain sul fatto che si dovesse
o meno giocare quel match. Chi
era lì sa benissimo che se non
si fosse giocato si sarebbe
scatenato l'inferno tra le due
tifoserie. Come l'allora
Ministro Gianni De Michelis, pur
digiuno di football, presente
quella sera in tribuna, spiegò
con determinazione al telefono
al Presidente del Consiglio
Bettino Craxi, che da Roma
chiedeva notizie. O come la
schiera di coloro che si
ostinano a ridurre fa strage
dell'Heysel sic
ad un
atto "calcistico". No. Morirono
39 cittadini europei, prima
ancora che 39 tifosi. E non
erano triti supporter
bianconeri, né tutti italiani.
Negli ultimi anni il fronte
della memoria si è arricchito
con iniziative e manifestazioni
tese a proteggere la verità, e a
rafforzare l'esigenza
imprescindibile del rispetto per
le 39 vittime e per le loro
famiglie. Per i tantissimi
feriti e per chi quella sera
sopravvisse ma porta dentro di
sé ancora oggi un segno
indelebile. Resta prezioso il
lavoro della "Associazione dei
Familiari delle Vittime
dell'Heysel", come quello della
Associazione "Quelli di... Via
Filadelfia", quello del
"Comitato per non dimenticare
Heysel" di Reggio Emilia, quello
della "Sala della memoria
Heysel" sul web, e quello di
tanti altri. E importante è
stato l'impegno della Juventus
che, sotto la presidenza di
Andrea Agnelli, con le
iniziative assunte in questi
anni, ha impresso maggiore
energia al lavoro di protezione
della memoria di quella notte,
per far sì che le vittime non
siano dimenticate. In anni in
cui spesso la multimedialità, il
web, i social, con la loro
velocità, rischiano
nell'eccesso di offerta
informativa
di
smarrire la qualità e la
precisione del racconto su
vicende complesse come quella
dell'Heysel, occorre però
vigilare e raddoppiare l'impegno
La sensibilità su questi temi
del Ministro dello Sport Abodi
ad esempio potrebbe trovare
punti di sinergia con il
Ministro dell'istruzione
Valditara, perché si preveda per
i prossimi anni una serie di
incontri anche nelle scuole,
dove il racconto della vicenda
Heysel possa divenire così non
solo un gesto di manutenzione
della memoria ma anche uno
spunto di riflessione e un
ammonimento severo per il
futuro. Credo che memoria e
rispetto debbano procedere sulla
stessa strada. Perché sono
fronti legati indissolubilmente
sul tema Heysel. E credo che
quella strada vada illuminata a
dovere. Perché senza memoria
saremmo tutti più fragili e
indifesi. Senza memoria, saremmo
luci spente.
Fonte: Tuttosport
©
29 maggio 2023 (Testo
©
Fotografia)
Tweet:
Associazionefamiliarivittimeheysel.it
©
|