Non
dimenticare l’Heysel
di Emilio Targia
Heysel non è più uno
stadio. È solo e soltanto
Heysel. Solo e soltanto quella
strage dove persero la vita 39
persone e ne rimasero ferite
600.
Ricordo bene l’istante in cui
Francesco Morini - ex stopper
della Juve negli anni Settanta e
all’epoca dirigente bianconero -
mi consegnò all’Hotel Parco dei
Principi di Roma i biglietti che
forse mi salvarono la vita.
Chissà. Sembravo destinato in un
primo momento alla Curva Z,
quella dove gli hooligans del
Liverpool, ubriachi e invasati,
avrebbero provocato la strage. I
tagliandi che avevo tra le mani
erano invece per la curva
opposta, la "MNO". Erano di un
colore anonimo, verde pallido
tendente al grigio. Stampati su
una carta piuttosto grezza,
ruvida, con le scritte in due
colori. La corona reale del
Belgio in rosso così come il
numero di serie del biglietto,
in basso a destra. In nero
invece la scritta "Coppa dei
campioni europea per club".
Declinata in francese e in
tedesco. Non in italiano né in
inglese. Mah. Poi il settore. E
il prezzo: 300 franchi belgi.
Infine, in basso, una scritta
che mi lasciò perplesso: "L’organisateur
décline toute responsabilité du
chef d’accident, de quelque
nature qu’il soit, qui pourrait
se produire au cours ou à l’occasion
du match pour lequel ce ticket
est délivré". Così c’era
scritto, su quel biglietto. Non
sul retro del tagliando, no. Non
di lato, in caratteri minuscoli.
No. Sul davanti e in bella
evidenza. Significava, in
sostanza, che gli organizzatori
declinavano ogni responsabilità
in caso di incidenti. Chiaro e
tondo, come se ti dicessero
"Guarda che qui qualunque cosa
ti accada, noi non c’entriamo
mica niente, eh!". Non si
capisce se fosse più un presagio
o più una dismissione anticipata
di responsabilità. Lo rilessi.
Mi rigirai quel biglietto più
volte tra le mani. La finale di
Bruxelles del 29 maggio 1985 fu
una follia che cominciava fin
dal biglietto d’ingresso. Perché
ci sono incubi che si travestono
da sogni e quando poi lo scopri
è troppo tardi e non puoi farci
niente. Deve essere un vizio
maledettamente umano, quello
della propensione all’oblio. Una
specie di basso istinto.
Malsano, contagioso. Lo si può
scegliere per autodifesa, come
anestesia contro il dolore. O si
può provare a imporlo a sé
stessi e agli altri per
comodità, per superficialità. O
per vigliaccheria. Heysel è una
parola che oggi schiocca come
una frustata. Che evoca solo e
soltanto quella notte, quella
strage. È un termine ormai
svuotato del suo originario
valore. Heysel non è più uno
stadio. È solo e soltanto
Heysel. Solo e soltanto quella
strage dove persero la vita 39
persone e ne rimasero ferite
600. Oggi ci resta la memoria.
La cui solidità non passa solo
attraverso un monumento o un
anniversario. Occorre che
divenga prima di tutto risorsa
condivisa, consapevolezza,
comprensione. Una specie di
sentimento comune. Occorre che
le istituzioni, le scuole, i
media sostengano e preservino la
memoria. Occorre che la memoria
divenga dinamica, un’entità
produttiva che parta dal passato
ma che sia proiettata sul
futuro. Occorre lavorare sulla
manutenzione di memoria per i
364 giorni che seguono ogni
anniversario dalla strage. Per
questo negli anni scorsi abbiamo
dato alle stampe "Quella notte
all’Heysel" (Sperling & Kupfer),
per raccontare dal di dentro
cosa accadde quella notte. E per
questo oggi con la squadra di
Mondadori Studios abbiamo
realizzato un podcast: "Dentro
l’Heysel", costruito con il
racconto di quanto accadde e con
le registrazioni ambientali di
quella sera e le interviste che
realizzai il giorno seguente con
un piccolo registratore a
cassette. Sono quattro puntate
che cercano di far entrare
dentro l’Heysel chi ancora oggi
sa poco di quella vicenda. E chi
vorrebbe capirne di più. Un
podcast che abbiamo realizzato
con grande cura e rispetto,
sostenuto dalle musiche preziose
e discrete di Gianluca Casadei.
Perché in fondo la memoria è un
lavoro. Una scelta. Un compito
che spetta a tutti e a ciascuno.
Perché senza memoria saremmo
luci spente.
Fonte: Laragione.eu © 31 maggio 2024
Fotografia:
GETTY IMAGES © (Not for Commercial Use)
Audio: Mondadori Studios ©
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