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PROCESSO
HEYSEL
1985
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1986
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1987
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1988
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1990
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1991
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Processo dell’Heysel
Pubblico
ministero generoso. Chieste pene irrisorie per
hooligan e autorità.
BRUXELLES -
Una requisitoria debole, costellata da numerose
contraddizioni, assoluzioni e infine una
richiesta di pene miti, che hanno sollevato la
reazione della parte civile. Queste sono le
prime risultanze del processo dell’Heysel, in
corso di svolgimento a Bruxelles, dopo
l'intervento del pubblico ministero, che si è
rimesso al giudizio della Corte e confessando di
non riuscire a valutare con esattezza se le
cariche e gli atti teppistici degli hooligan
inglesi, durante la finale della Coppa dei
Campioni di calcio Juventus-Liverpool, disputata
allo stadio Heysel di Bruxelles il 29 maggio
dell’85, fossero premeditate o meno.
Un’ammissione che potrebbe partorire una
conclusione scandalosa del processo, con
numerosi imputati, che potrebbero venirne fuori
con pene irrisorie in pieno contrasto con i
gravi fatti avvenuti in quella terribile serata,
dove persero la vita 39 persone di cui 32
italiane. Il pubblico ministero ha praticamente
scagionato tutte le "teste d’uovo" belghe
direttamente interessate all’avvenimento, cioè i
"grandi capi" della gendarmeria, quelli della
federazione calcio e il sindaco della città, che
ha concesso l'utilizzo di uno stadio non
adeguato all’avvenimento, privo delle necessarie
misure di sicurezza. Imputati erano 26 teppisti
inglesi per i quali sono state chieste due
assoluzioni piene, otto assoluzioni con il
beneficio del dubbio e 15 condanne da un minimo
di tre ad un massimo di quattro anni. Per
l’allora segretario generale della Unione calcio
belga e per i due responsabili del servizio
d’ordine, la richiesta di condanna non è stata
neanche quantificata. Sarà la Corte a decidere.
Nessun accenno all’Uefa e alla Municipalità
chiamate a correo dalle parti civili, per i
quali l’accusa ha chiesto l’assoluzione. Lunedì
cominceranno le arringhe della difesa. Il
dibattito dovrebbe concludersi verso metà marzo,
il verdetto a metà aprile.
Fonte: L’Unità
© 18 gennaio
1989
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Processo Heysel, scandalo !
Pene
irrisorie per i maggiori responsabili dei 39
morti. Per i 25 teppisti imputati, 10
assoluzioni e 15 condanne da 3 a 4 anni; per i
responsabili dell'ordine nello stadio non è
nemmeno quantificata la pena.
TORINO -
Pene miti, troppo miti, per i 25 teppisti
inglesi imputati. Pene neanche quantificate per
Albert Roosens, l'allora segretario generale
dell'unione calcio belga, responsabile
dell'organizzazione, e per i due ufficiali della
gendarmeria che avrebbero dovuto garantire
l'ordine nello stadio. Queste le richieste
avanzate ieri pomeriggio dal pubblico ministero,
il procuratore del Re Pierre Erauw, al processo
per la strage di Heysel, 29 maggio 1985, finale
di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool.
Gli "hooligans" inglesi, fradici di birra,
causarono con una carica sulle gradinate: 39
morti, 32 dei quali tifosi italiani della
Juventus giunti in Belgio con migliaia di altri
appassionati. Tra i morti ci furono anche due
torinesi, Domenico Russo e Giovacchino Landini.
Gli imputati principali sono 26 teppisti
inglesi. La posizione di uno di loro è stata
stralciata, essendo in carcere in Gran Bretagna.
Per gli altri 25, l'accusa ha chiesto due
assoluzioni piene, otto assoluzioni col
beneficio del dubbio, e 15 condanne a tre o
quattro anni. Il pubblico ministero si rimette
inoltre al giudizio della corte per quel che
riguarda la "premeditazione" della carica. Il
procuratore del re ha detto di non essere in
grado di valutare se la carica dei tifosi
britannici fosse premeditata o no. Non è un
particolare secondario: se si propende per la
premeditazione, la pena è fino a 10 anni (e
l'accusa diventa di lesioni volontarie e
omicidio preterintenzionale) al contrario, il
massimo della condanna è cinque. L'accusa, come
detto, si rimette alla Corte, ma intanto si è
limitata a chiedere quattro anni. Per l'allora
segretario generale dell'unione calcio belga, e
per i due responsabili del servizio d'ordine (i
tre, comunque, rischiano un massimo di due anni)
la richiesta di condanna non è neanche stata
quantificata, tutto è rimesso alla corte. Le
reazioni alla requisitoria sono state ovviamente
negative. La parte civile, ma anche altri
avvocati, perfino alcuni difensori di imputati
britannici, l'hanno giudicata debole, poco
incisiva, ed, in alcuni casi, contraddittoria.
Lunedì cominciano le arringhe della difesa, che
dureranno almeno un mese. Verso la metà di marzo
la fine del dibattito in aula, quattro settimane
dopo la sentenza.
Fonte: Stampa Sera
©
19 gennaio
1989
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A quattro anni dalla strage
nello stadio di Bruxelles
Domani la
sentenza per i morti all'Heysel
di Fabio
Galvano
L'ombra del
dramma di Sheffield su un processo che non trova
colpevoli.
DAL NOSTRO
CORRISPONDENTE (BRUXELLES) - Risvegliati dal
dramma di Sheffield, i fantasmi dell'Heysel
battono alla porta della giustizia. Ma dalla
sentenza che pronuncerà domani il giudice Verlinden, sotto la grande cupola del tribunale
di Bruxelles, difficilmente emergerà un
esauriente quadro delle colpe per i 39
spettatori - 32 erano italiani - uccisi la sera
del 29 maggio 1985. A conclusione di un processo
durato più di sei mesi, le labili prove portate
contro gli hooligans del Liverpool non apriranno
la strada alle severe condanne che si erano
auspicate. Quasi dimenticato e stancamente
avviato verso il suo esito inconcludente, il
processo dell'Heysel riflette inevitabilmente
l'angoscia dell'ultima tragedia calcistica
britannica: protagonisti in entrambi i casi i
supporters inglesi, anzi proprio quelli del
Liverpool, è difficile sfuggire alla conclusione
che la meccanica dei due incidenti può essere
stata diversa, ma che identica - la violenza -
ne è stata la matrice. Probabilmente la sentenza
di domani non sarà l'ultimo atto dell'Heysel.
Seguiranno infatti ricorsi e azioni civili; ma
per 39 morti e per i 600 feriti, per i loro
familiari, per tutti coloro che hanno sofferto
in seguito agli avvenimenti di quella notte, è
come se si chiudesse la rincorsa alla giustizia.
Dei 26 hooligans portati in giudizio dopo oltre
tre anni di indagini, undici sono stati
esonerati dalla stessa accusa: uno era in
carcere in Gran Bretagna e due sono stati
ritenuti estranei ai fatti, mentre per altri
otto è stata chiesta l'assoluzione col beneficio
del dubbio. Per i rimanenti quindici sono state
chieste condanne di tre o quattro anni, non
meglio specificate, per le quali il pubblico
ministero si è rimesso al giudizio della corte.
Questo può significare che l'accusa non ritiene
di avere dimostrato gli estremi della
premeditazione, che si tradurrebbe in pene
massime di dieci anni; peggio, che non è neppure
convinta di avere dimostrato le lesioni
volontarie e l'omicidio preterintenzionale. Come
ha ben sottolineato la difesa, inoltre, non
esiste nella giurisprudenza belga il concetto di
"reato collettivo". I gesti di alcuni singoli,
cioè, non possono essere "collettivizzati"; e
quindi non può esserci condanna per la causa
principale dei decessi, il soffocamento dovuto
ai grandi spostamenti di folla, sebbene questi
siano stati a loro volta dovuti a gesti
teppistici di singoli individui. E se anche il
giudice Verlinden indicherà responsabilità
civili per gli autorevoli personaggi che hanno
diviso con gli hooligans il banco degli
accusati, mossa che aprirebbe la via ai
risarcimenti da parte delle compagnie
assicuratrici, pochi saranno gli strascichi
penali. Per il presidente e per il segretario
dell'Uefa, Jacques Georges e Hans Bangerter,
nonché per il sindaco di Bruxelles Hervé Brouhon
e per l'assessore allo sport Vivianne Baro, è
stata la stessa accusa a chiedere l'assoluzione.
Per gli altri imputati - il segretario della
federazione belga Albert Roosens e i due
gendarmi responsabili della sicurezza nello
stadio, il maggiore Michel Kensier e il capitano
Johan Mahieu, tutti passibili di pene massime di
due anni - il pubblico ministero non ha fatto
una richiesta precisa: come per gli hooligans,
si è rimesso alla volontà della corte. Potrebbe
davvero finire con tutti in libertà, sia pure
attraverso i benefici della condizionale. A meno
che l'esigenza di un capro espiatorio spinga
all'esemplare condanna di almeno una persona.
Fonte:
La
Stampa
© 27 aprile
1989
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Heysel, 14 condanne
Sentenza
stamane per la strage di Juve-Liverpool.
BRUXELLES -
Un processo per la strage dello stadio di Heysel
si concluderà con la condanna di 14 dei 25
tifosi teppisti britannici. Questo l'annuncio
che ha dato stamani il presidente del tribunale,
Pierre Verlinden, iniziando la lettura delle
conclusioni del procedimento. Gli altri 11
teppisti, i tristemente famosi "hooligans" a
giudizio, saranno assolti. Le richieste della
pubblica accusa erano state: la condanna di 15
teppisti e l'assoluzione, per non avere commesso
il fatto o per insufficienza di prove, di dieci
di essi. L'entità delle pene, ha detto il
presidente del tribunale, sarà annunciata in un
secondo tempo, probabilmente nella tarda serata.
Si è potuto constatare alla lettura delle
conclusioni del processo che il tono del
presidente nei confronti degli imputati è stato
estremamente duro e severo. Si sta esaurendo
così, dopo un lungo e travagliato periodo di
indagini non sempre condotte secondo quanto
speravano e pretendevano i familiari delle
vittime, il primo atto di una delle più tragiche
vicende che abbiano funestato il mondo dello
sport. Il dibattito iniziatosi il 17 ottobre
racchiude in 564 pagine la "verità" su quella
terribile serata del 29 maggio 1985 in cui
morirono allo stadio dell'Heysel 39 persone
delle quali 32 italiane. Soltanto il 9 settembre
del 1987 gli hooligans furono trasferiti
dall'Inghilterra a Bruxelles e rinchiusi nel
carcere di Leuven. Ma la detenzione durò
soltanto un mese, il 17 ottobre 1988 ebbe
finalmente inizio il processo che rischiò subito
la paralisi giacché i difensori degli hooligans
chiesero che fossero lette in aula tutte le 48
mila pagine agli atti. Per fortuna, il
presidente volle sfoltire la procedura, ma lo
scorso 13 febbraio vi fu un nuovo colpo di
scena. Dopo le arringhe dei difensori, il
procuratore del re chiese due assoluzioni con
formula piena e 8 con formula dubitativa per gli
imputati inglesi e per gli altri 15 condanne a
discrezione della corte. Inoltre, chiese
l'assoluzione per l'Uefa e per la città di
Bruxelles individuando solo nel capitano della
gendarmeria Mahieu e nel segretario dell'Unione
belga Roosens eventuali responsabili. Questa
mattina alle ore 9, il presidente del tribunale
ha dato inizio alla lettura della sentenza che
continuerà per tutta la giornata di oggi. In
aula oltre agli imputati, erano presenti 150
giornalisti provenienti da tutto il mondo (una
decina dall'Italia).
Fonte: Stampa Sera
©
28 aprile
1989
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"Giustizia
per i morti dell'Heysel"
di Daniele
Mastrogiacomo
BRUXELLES -
Nessuna vendetta, chiediamo solo giustizia.
Lidia e Salvatore Mastroiaco parlano con un filo
di voce. Si tengono per mano, gli occhi lucidi,
sconvolti da una tragedia immensa. La sera del
29 maggio 1985 il loro figlio Gianni era lì, nel
settore Z della curva allo stadio di Heysel. Era
partito da Rieti con un gruppo di amici. "C'era
la Juve, finale della Coppa dei Campioni -
ricordano. Era un ragazzo felice, spensierato.
Non lo abbiamo più visto, l'ha ucciso la furia
degli hooligans. Una violenza senza ragione,
bestiale, immotivata... Cosa ci aspettiamo ?
Solo giustizia. Vogliamo che venga punito chi ha
assassinato nostro figlio". Sul DC9 Alitalia
diretto a Bruxelles rabbia e speranza dominano i
racconti. A bordo ci sono una trentina di
parenti dei 32 italiani morti dopo l'assalto dei
red del Liverpool. Madri e padri che hanno perso
i loro cari. Mogli rimaste improvvisamente
vedove. Sguardi spenti che si perdono nel vuoto.
Stamani saranno tutti lì, nella grande aula del
tribunale del Palais de Justice di Bruxelles,
per ascoltare il verdetto della corte chiamata a
giudicare 32 imputati del massacro di Heysel.
Dai 25 supporter del Liverpool (la posizione di
un tifoso è stata stralciata perché in galera in
Inghilterra), inchiodati dalle riprese Tv, a
Jacques Georges e Hans Bangerter, presidente e
segretario della Uefa. Da Hervé Brouhon, sindaco
di Bruxelles, a Vivianne Baro, assessore allo
sport, ad Albert Roosens, segretario dell'Unione
calcio belga, a Michel Kensier e Johans Mahieu,
rispettivamente maggiore e capitano della
Gendarmerie, entrambi responsabili del servizio
d'ordine allo stadio della città. Saranno
presenti anche gli avvocati di parte civile. Uno
stuolo di legali, deciso e combattivo. Per tutti
questi mesi hanno seguito le udienze del
dibattimento, incalzando la corte con una serie
di richieste. Per tutti parla l'avvocato Bruzio
Pirroncelli, del Foro di Roma. Da questa
sentenza ci aspettiamo ben poco, ammette. Gli
hooligans, probabilmente, saranno assolti per
insufficienza di prove. Ma quello che non
riusciamo ad accettare è l'assoluzione del
responsabili della Uefa. Loro hanno organizzato
l'incontro, loro hanno incassato l'83 per cento
degli introiti, loro hanno svolto un ruolo
determinante in tutta la vicenda. Ci aspettiamo
la condanna dell'Unione calcio belga e dei
responsabili del servizio d' ordine. Interviene
Otello Lorentini, 54 anni. E' il presidente
dell'associazione che raccoglie i familiari
delle vittime di Heysel. Nello stadio della
morte ha perso un figlio, Roberto. Una tragedia
nella tragedia. Si era salvato dalle cariche
bestiali degli hooligans. Ma, in quanto medico,
era tornato indietro per assistere i feriti. La
seconda carica lo ha travolto. Il padre non si
dà pace: Come faccio a dimenticare quella gente
? Io li ho visti, con i miei occhi. Ci
aggredivano con violenza, con rabbia. Armati di
spranghe, di bastoni, di pietre, ci spingevano
verso il muro. Li ho visti picchiare, sputare,
lanciare in aria, in segno di spregio, i
documenti e gli oggetti personali dei feriti e
dei moribondi. Adesso ci chiedono di perdonare,
come la Candy, che sponsorizza la squadra del
Liverpool... No, purtroppo, non ce la sentiamo
di perdonare. E' ancora troppo presto. Il
massacro di Sheffield forse avrà insegnato loro
qualcosa. Avranno finalmente capito cosa si
prova quando si muore in modo così assurdo"...
Ma la requisitoria del Pubblico ministero,
Pierre Erauw, ha spianato la strada verso un
verdetto mite. Gli hooligans hanno continuato a
gridare la loro innocenza. I filmati, acquisiti
agli atti del processo, mostrano due, tre
giovani che brandiscono dei bastoni e lanciano
alcune pietre. Prove che, per la pubblica
accusa, sono insufficienti per incastrare i
responsabili. E, motivo determinante, per
accogliere la tesi della premeditazione. Alla
fine, ha chiesto l'assoluzione per otto
hooligans, e la condanna per altri quindici.
Nessuno azzarda previsioni. Anche se molti sono
convinti che l'unico a pagare il prezzo della
strage sarà il capitano della Gendarmerie,
Johans Mahieu. Era la sua prima esperienza di
ordine pubblico allo stadio ed in aula ha
ammesso che i walkie-talkie della polizia non
erano muniti di batterie. In questo clima di
generale indifferenza, creato da una città che
vuole rimuovere e dimenticare l'incubo di un
assurdo massacro, i parenti delle vittime si
aggrappano all'ultima speranza. La speranza di
una condanna che apra la strada verso il
risarcimento.
Fonte:
La
Repubblica
©
28 aprile
1989
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Oggi a Bruxelles si conclude
il processo
Indizi
confusi e giuridicamente dubbi: dei 32 imputati
(25 hooligan) nessuno rischia condanne troppo
dure. L'ombra della tragedia di Sheffield. Solo
la recente strage in Inghilterra ha in parte
ravvivato l’interesse per una vicenda che dura
dal luglio ’86.
Heysel, una
sentenza piccola piccola ?
di Paolo
Soldini
Tre anni e
undici mesi dopo quella maledetta sera del 29
maggio 1985, sulla strage dello stadio di Heysel
(39 morti, travolti dalla furia scatenata dei
tifosi del Liverpool) cala il sipario della
giustizia. Oggi il tribunale di Bruxelles
emetterà la sentenza di un processo che dura,
ormai, dal luglio dell'86. Dei 92 imputati
nessuno rischia condanne troppo dure.
DAL NOSTRO
CORRISPONDENTE (BRUXELLES) - Per leggere la
sentenza, si prevede, il presidente del
tribunale Pierre Verlynden impiegherà diverse
ore, per dar tempo agli interpreti di tradurla.
Ma tanta lentezza non rischia davvero di
rovinare la "suspense": dalla conclusione del
processo per la tragedia di Heysel nessuno si
aspetta fatti sconvolgenti, né giustizie
esemplari. Dei 32 imputati, 25 "hooligan"
britannici (all'inizio erano 26, poi la
posizione di uno è stata stralciata perché è già
condannato, per altri motivi, in patria), due
ufficiali della gendarmeria belga, l'ex
segretario dell’Unione calcistica belga, il
presidente e il segretario generale della Uefa,
il borgomastro e l'assessore allo Sport della
città di Bruxelles, nessuno rischia più di
tanto. Gli elementi a carico dei teppisti,
identificati sulla base delle riprese
televisive, sono abbastanza confusi e
giuridicamente dubbi, al punto che lo stesso
pubblico ministero, nel corso del dibattimento,
ha messo in Iuce il fatto che per molti regga
l'imputazione di omicidio preterintenzionale.
L'Unione calcistica belga e la Uefa rischiano al
massimo una condanna simbolica e pro-forma, che
servirebbe solo a permettere alle assicurazioni
di pagare (chissà quando) il premio alle
famiglie delle vittime e ai feriti di quel 29
maggio. Il borgomastro e l'assessore allo sport
di Bruxelles sono già, praticamente, usciti dal
processo: "puliti", come si dice. L’unico che ha
da temere, fra gli imputati belgi, è il capitano
della gendarmeria Johan Mahieu, che quella sera
maledetta era "responsabile" dell'ordine
pubblico all’Heysel e sbagliò tutto. "Fino ad
allora - si è giustificato al processo - non
avevo mai messo piede in uno stadio"... Il suo
superiore diretto, il maggiore Michel Kensier,
invece, ha ottime probabilità di passarla
liscia; Il principio delle responsabilità di chi
comanda, in questa tristissima storia, non ha
mai contato molto. Fin dall’inizio, quando,
poche ore dopo la strage, il ministro degli
interni Charles-Ferdinand Nothomb a chi gli
chiedeva le dimissioni rispose: "E perché mai ?
lo che c’entro ?". È ben difficile, insomma, che
i parenti dei 32 morti di Heysel, una trentina,
attesi a Bruxelles per stamani, scioperi aerei
permettendo, possano aver almeno la consolazione
di veder fatta giustizia. D'altronde, nonostante
l'impegno dei legali di parte civile, coordinati
dall’avvocato italo-belga Daniel Vedovatto, il
processo aveva preso un andamento discutibile
fin dalle prime battute. Per ottenere
l'estradizione dei 26, poi diventati 25,
"hooligans" riconosciuti nelle riprese tv, le
autorità belghe avevano impiegato mesi e mesi.
Poi, in base ad accordi mai chiariti del tutto
con il governo di Londra, li aveva sistemati in
prigioni di tutto comodo (il che provocò
addirittura la rivolta dei detenuti "normali" in
due carceri di Bruxelles) e quindi rilasciati su
una serie di cauzioni che non si sa chi abbia,
alla fine, pagato. La prima apertura del
procedimento, il 2 luglio dell’86, fu una specie
di finta giuridica: gli atti, oltre 50 mila
pagine, che il tribunale pretendeva che
venissero pagate, e a peso d’oro, erano del
tutto sconosciuti agli avvocati, cosicché fu
necessario un rinvio di oltre due anni, fino
all'ottobre dell‘88. Tra le schermaglie legali e
le lungaggini, il dibattito aveva finito per
perdere ogni interesse e la fiducia che
arrivasse a una conclusione significativa si era
ben presto persa. Dalle udienze, a poco e poco,
scomparivano i vestiti a lutto dei parenti delle
vittime e i giornali relegavano la cronaca nelle
pagine interne. La tragedia di Sheffield ha
riacceso l'attenzione su una storia che
cominciava a divenire "lontana" nel tempo e,
soprattutto, nelle coscienze. Resta da chiedersi
se quello che è successo nello stadio inglese,
la ripetizione di una follia che dopo Heysel era
sembrata davvero irripetibile, influirà in
qualche modo sulla conclusione del processo di
Bruxelles. Ma c’è da dubitarne.
Fonte: L’Unità ©
28 aprile
1989
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Heysel, la
sentenza di Bruxelles
Sedici
condannati e sei assolti. Riconosciuta la
responsabilità della Federcalcio belga ma non
dell’Uefa. Duri commenti dei parenti delle
vittime.
Strage
archiviata. Assoluzione per i padroni del
pallone. Sedici condanne e sedici assoluzioni;
tre anni di reclusione con la condizionale per
14 dei 25 teppisti britannici individuati tra la
folla; pene minori per due degli accusati belgi;
negata ogni responsabilità dell’Uefa. Il
processo per la strage dell’Heysel si è chiuso
ieri con una sentenza che lascia l'amaro in
bocca. Quattro anni dopo, nessuno dei
responsabili di quella follia è in carcere. DAL
NOSTRO CORRISPONDENTE. BRUXELLES - Delle
meticolose misure di sicurezza dispiegate il 17
ottobre scorso, quando il processo per la strage
dell'Heysel si era aperto (o, meglio, riaperto,
dopo una prima falsa partenza) sono rimasti il
"metal detector" all'ingresso dell'aula e un
cordone di poliziotti annoiati. Il grande
processo alla follia della violenza negli stadi
non eccita più gli animi, e da un bel po' di
tempo. Sotto la cupola enorme del palazzo di
giustizia di Bruxelles, che dovrebbe
simboleggiare nel suo neoclassico "kitsch" la
sacralità della Giustizia, si affollano
giornalisti e cameramen, ma di curiosi,
stavolta, non ce ne sono molti. Di avvocati, sì,
invece, in tocco e toga e sir Henry Livermoore,
il super patron degli accusati inglesi, anche
con la parrucca in testa, come si usa a casa
sua. Tanti avvocati perché questo è un processo
difficile, molto "tecnico", come dice chi se ne
intende, e senza precedenti, almeno in Belgio:
50 mila pagine di atti istruttori, elementi di
prova inediti, come le riprese tv che hanno
permesso di identificare 26 persone (su quanti:
cinquecento, mille ?) "nella massa scatenata che
quella sera, tre anni e 11 mesi fa, travolse la
tribuna "Z" e lasciò per terra 39 morti, un
complicato intreccio di elementi penali ed
elementi civili, i risarcimenti per i
sopravvissuti e i parenti delle vittime… Quando
il presidente della Corte Pierre Verlynden
comincia, verso le 10 del mattino, a leggere la
sentenza, le ultime curiosità si sono già
spente. Come finirà questo processo "esemplare",
più o meno già si sa. A fugare le ultime
incertezze, il giudice Verlynden ha fatto
discretamente sapere in giro che la sua sentenza
era pronta da tempo, da prima, per intenderci,
del nuovo massacro della "guerra degli stadi",
quello di Sheffield, che così qualcuno aveva
pensato avrebbe potuto influire sul giudizio.
Solo dalle file in cui si sono raggruppati i
parenti dei morti, le vedove con il nero del
lutto, le madri, i padri, i fratelli viene
ancora qualche segno di passione, scambi di
occhiate inquiete, qualche parola a bassa voce,
qualche messaggio per gli avvocati di parte
civile. Più avanti, dove sono seduti i 32
imputati, l'atmosfera è distesa: nessuno rischia
troppo. E tutti già lo sanno. Pian piano, in
francese prima e in inglese poi, si sgranano le
cifre della sentenze. Undici degli accusati
inglesi sono assolti: la Corte non ha potuto
provare nessuna particolare colpevolezza, pur se
li ha riconosciuti tutti nella massa inquadrata
dalle telecamere quella sera maledetta. Assolto
il maggiore Michel Kensier, che quella sera
dirigeva dal suo ufficio le operazioni della
gendarmeria dentro e intorno allo stadio: non ha
sbagliato nulla, secondo il tribunale, e una
responsabilità particolare, per chi risponde
dell'operato dei propri sottoposti, non esiste,
evidentemente. D’altronde, neppure il ministro
degli Interni del tempo, Charles Ferdinand
Nothomb, sentì il dovere di dimettersi
(figuriamoci) e neppure di scusarsi... Assolta
anche l'Uefa, nelle persone del presidente
Jacques George e del segretario generale Hans
Baugerter. L’idea di far giocare una partita
"calda" come la finale della Coppa dei Campioni
fra il Liverpool e la Juventus in uno stadio per
niente attrezzato come quello di Bruxelles fu
certo un errore, ma non è una colpa, secondo la
giustizia belga. Assolti e questo era previsto
fin dall’inizio anche il borgomastro di
Bruxelles Hervé Brouhon e l’assessore allo sport
Viviane Baro. La signora Baro, la sera del 29
maggio '85, era anche lei allo stadio, ma se ne
andò quando cominciarono gli incidenti. Non
aveva visto, non sapeva che le tribune
dell’Heysel erano insicure, una trappola nel
caso di scontri fra tifosi o di aggressioni. Ed
ecco le condanne. Quattordici dei 26 teppisti
chiamati in giudizio (la posizione di uno è
stata poi stralciata perché sconta già una pena
in patria) sono stati riconosciuti colpevoli di
colpi e lesioni tali da provocare la morte e
condannati a tre anni di reclusione con
sospensione condizionale della metà della pena
per un periodo di cinque anni. Significa un anno
e mezzo di carcere a meno che, nel corso dei
prossimi cinque anni, e qui in Belgio, non
vengano condannati per qualche altro reato
penale. A quell'anno e mezzo vanno tolti sei
mesi, già scontati di carcerazione preventiva.
Ma anche i dodici mesi che restano è molto,
molto difficile che li debbano trascorrere
davvero in prigione. Il pubblico ministero
Pierre Erauw avrebbe dovuto chiedere l'ordine
d'arresto, e fino a ieri sera non lo aveva
fatto. E dei quattordici condannati britannici,
alla riapertura dell'udienza del pomeriggio,
nell'aula del processo non restava che la
memoria e la preoccupazione di un'avvocatessa
belga che aveva visto sparire il suo cliente e,
probabilmente, la parcella. In teoria i 14
potrebbero essere riestradati in Belgio, ma chi
ci crede ? Tanto per confermare l'impressione
che, anche in questo caso, la giustizia sia
particolarmente severa solo con i pesci piccoli,
il tribunale, che ha assolto il suo diretto
superiore, ha condannato invece 9 mesi con la
condizionale e una fortuna in indennizzi alle
parti lese per il maggiore della gendarmeria
Johan Mahieu che quella sera era sul posto. E
l’ex segretario dell'Unione calcistica belga
Albert Roosens che si è preso sei mesi con la
condizionale sacrificato sull’altare della
necessità di considerare comunque responsabile
l'Unione in modo da assicurare una "parte
solvente" per i risarcimenti civili. L'udienza
del mattino si conclude ed è il momento, amaro,
dei commenti: "Volevamo una sentenza esemplare e
non l'abbiamo avuta" dice Otello Lorentini, che
all’Heysel ha perso un figlio e dirige
l’associazione dei parenti delle vittime –
quindi che vuole che dica ? Siamo delusi.
Avrebbero almeno dovuto condannare l'Uefa: sono
i dirigenti del calcio internazionale che hanno
sbagliato allora e che potrebbero sbagliare
ancora". "Una sentenza deludente - aggiunge
Marilena Fabbro che ha perso il marito - non
cercavamo vendetta, ma giustizia quella sì, ci
era dovuta". Poche ore più tardi comincia la
lettura del dispositivo civile della sentenza: i
risarcimenti e gli indennizzi per i morti e i
feriti. Il presidente spiega chi e quanto deve
pagare, e a chi e perché in una contabilità
crudele, che stabilisce quanto "valga" un morto,
quanto si debba "pagare" un lutto, o il dramma
di chi porta ancora sul corpo o nella mente le
ferite di quella sera maledetta. A pagare
saranno, probabilmente le assicurazioni e
l'Unione calcistica perché gli accusati
britannici non sono "solvibili". Si tratta di
povera gente. E anche questo è un aspetto amaro
della storia dell’Heysel che arriva alla sua
fine.
Fonte: L’Unità
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29 aprile
1989
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Miti
condanne per la strage allo stadio di Bruxelles
che costò la vita a 39 persone. Liberi (tre anni
con la 8 condizionale) 14 hooligan, 9 mesi al
capo della sicurezza, assolta la Uefa.
Tutti fuori,
nessuno paga per i morti dell’Heysel
di Paolo
Soldini
Sedici
assoluzioni e sedici condanne, ma nessuno è in
carcere, e nessuno probabilmente ci andrà, per
la strage dello stadio di Heysel che costò la
vita, il 29 maggio di quattro anni fa, a 39
persone. Il Tribunale di Bruxelles ha condannato
14 "hooligan", ma ha assolto i dirigenti del
calcio internazionale e le autorità belghe che
della follia di quella sera portano
responsabilità non facili da dimenticare.
DAL NOSTRO
CORRISPONDENTE (BRUXELLES) - "Volevamo una
sentenza esemplare e non l'abbiamo avuta".
Otello Lorentini nella tragedia del Heysel ha
perso un figlio, ed è presidente
dell'associazione dei parenti delle vittime: il
suo commento vale più di ogni altra spiegazione
sul significato della sentenza con cui ieri si è
concluso il lungo e difficile processo per la
strage del 29 maggio dell'85. Trentanove morti
(trentadue italiani), uccisi sulle gradinate
dello stadio di Bruxelles dalla furia dei
teppisti del Liverpool, ma anche
dall'insipienza, dagli errori e dalla
irresponsabilità di chi avrebbe dovuto impedire
che una simile tragedia avvenisse: l'Uefa, che
aveva organizzato la finale della Coppa dei
Campioni, Juventus-Liverpool, in uno stadio
manifestamente inadatto; la gendarmeria belga,
che non seppe mantenere l’ordine; le autorità di
Bruxelles, che non si erano "accorte" che
l'Heysel era in realtà una trappola pericolosa.
La sentenza punisce solo una parte dei
colpevoli, lascia la sensazione amara che i
morti di Heysel non abbiano diritto alla
giustizia e il dubbio inquietante che il
fenomeno della violenza negli stadi (riesploso
in forma ancor più tragica a Sheffield) possa
continuare a sfuggire ai principi di
responsabilità che regolano la vita civile. Dei
condannati i 14 teppisti, un ufficiale della
gendarmeria e il segretario dell'Unione
calcistica belga nessuno è in prigione e
nessuno, probabilmente, ci andrà mai.
Riconosciuti colpevoli di "colpi e lesioni tali
da provocare la morte", sono stati condannati a
tre anni di reclusione con sospensione
condizionale di metà della pena per un periodo
di cinque anni. Un anno e mezzo di carcere;
quindi, e in Belgio, a condizione che entro i
prossimi cinque anni non vengono condannati per
altri reati nello stesso territorio belga. I
britannici se ne sono tornati a casa prima
ancora che fosse finita la lettura della
sentenza ed è molto improbabile che vengano in
futuro rinviati in Belgio. Gli altri due
beneficeranno della condizionale. Per quanto
riguarda i risarcimenti e gli indennizzi per i
morti e per i feriti, si incaricheranno
probabilmente le assicurazioni e l'Unione
calcistica, dal momento che gli accusati
britannici non sono "solvibili".
Fonte:
L’Unità
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29 aprile
1989
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Dalla Thatcher agli hooligan
un sospiro di sollievo
di Alfio
Bernabei
LONDRA - C'è
grande sollievo a Liverpool e in tutta
l’Inghilterra dopo la sentenza pronunciata ieri
a Bruxelles. Il segretario all'Interno Douglas
Hard si è dichiarato soddisfatto del verdetto.
"Il governo venne criticato quando decidemmo di
permettere l'estradizione dei tifosi in Belgio,
ma ora gli eventi hanno provato la giustezza
della nostra posizione. Il sistema giudiziario
belga è diverso dal nostro, ma nel complesso
tutto si è svolto secondo le regole". Alla
domanda se consentirà l'estradizione dei
quattordici tifosi che sono stati condannati nel
caso le autorità belghe decidano di procedere
alla loro incarcerazione, Hurd ha risposto: "È
troppo presto per dare una risposta.
Probabilmente ci sarà un appello. Vedremo".
Anche a Downing Street dove la Thatcher proprio
oggi ha ricevuto Ciriaco De Mita l'impressione è
che le cose siano andate secondo i piani. Il
premier è riuscito a dimostrare agli altri paesi
della Comunità che quando si tratta di hooligan
non c’è protezione che tenga. Se un tribunale
straniero li vuole, deve averli, affinché venga
fatta giustizia. Ma il sollievo negli ambienti
governativi è anche dovuto al fatto che la
natura della sentenza non crea problemi a
livello diplomatico tra i due paesi. Anche sir
Harry Livermoore, l'avvocato di Liverpool che ha
difeso alcuni degli imputati, si è dichiarato
soddisfatto. In passato aveva criticato le
procedure legali belghe trattandole come
inferiori a quelle britanniche tanto da
sollevare dubbi sulla possibilità di un'equa
sentenza. "Le assoluzioni sono ok. Mi pare però
che una condanna alla prigione dopo che sono
trascorsi quattro anni dagli avvenimenti, sia un
po’ forte. Allo stesso tempo devo dire che, se
fossero stati processati in Gran Bretagna, le
cose sarebbero andate peggio". Ha confermato che
ci sarà un appello entro i prossimi quindici
giorni. "Anche se non lo chiediamo noi, lo
chiederanno i rappresentanti degli altri
imputati belgi che sono stati condannati.
Speriamo solo che questo non ci riporti indietro
creando complicazioni per i nostri giovani.
Hanno sofferto abbastanza". Uno degli imputati
che non è andato a Bruxelles per ascoltare la
sentenza ha dichiarato: "Sono stato trattato
ottimamente dalle autorità belghe. La sentenza è
giusta". Ma una reazione completamente diversa è
venuta da un tifoso presente alla lettura del
verdetto. Si è alzato ed è uscito quasi di corsa
senza aspettare di conoscere la sentenza e,
scontrandosi coi cameramen inglesi, ha gridato:
"È caos completo, tutto il processo è stato un
caos". La frase è servita a ricordare che lo
scorso anno questa definizione venne usata da
quasi tutti i tifosi, dai loro avvocati e dalla
maggior parte dei media britannici per indicare
la loro mancanza di fiducia nella giustizia
belga. Secondo un loro imputato, Alan Woodray,
"il processo è stato preordinato e la sentenza
non è venuta dal giudice, ma da qualche altra
fonte". John Smith, dirigente del Liverpool
Football Club, ha dichiarato; "Spero che ora si
sia giunti alla fine di questa storia. Si è
protratta troppo a lungo ed è tempo che le cose
tornino alla normalità". La sentenza era attesa
con particolare ansia a Liverpool e a Sheffield
dove proprio ieri sono iniziati i lavori
dell'inchiesta per stabilire le responsabilità
della tragedia di Hillsborough dove
hooliganismo, cattiva organizzazione e
deficienze nelle misure di sicurezza dentro e
fuori lo stadio, hanno causato la morte di
novantacinque tifosi.
Fonte:
L’Unità
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29 aprile
1989
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Inchiesta ignobile Sentenza
amara
di Michele
Serra
Non saranno
molto soddisfatti, i parenti delle vittime di
Bruxelles, di questa sentenza blanda seguita a
un'istruttoria pigra. Ci si chiede quale
"soddisfazione giudiziaria", e insomma quanti
anni di galera, ci vorrebbero per lavare una
macchia di dolore così indelebile perché così
stupida e inutile. Gli hooligans se la cavano a
buon prezzo; anche nel loro caso, del resto,
nessun castigo sembrerebbe in grado di
ricondurli alla ragione, visto che neppure i
cento morti di Sheffield (quasi tutti tifosi del
Liverpool) sono serviti a placare i gruppetti di
potenziali assassini che riempiono gli stadi
d’Europa. La sentenza di Bruxelles
(imperdonabile per la pilatesca decisione di non
coinvolgere nemmeno da lontano i capoccioni
dell'Uefa, che decisero di assegnare a uno
stadio pateticamente vecchio e insicuro una
finale "calda" come Liverpool-Juventus)
attribuisce almeno la responsabilità civile
dell'eccidio alla Federcalcio belga. Cosa che
consentirà ai parenti delle vittime,
probabilmente, di ottenere lo straccio di un
risarcimento. Ma è scandaloso, per tutti gli
uomini di buona volontà, che i padroni del
calcio (coloro, per entrare nel merito, che ci
mangiano sopra e sul pallone ritagliando fette
di potere) continuino a godere di una
sostanziale impunità per tutto ciò che dentro al
calcio accade.
Fonte: L’Unità
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29 aprile
1989
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Le reazioni a Torino
"È tutta una
presa in giro Come al solito i veri colpevoli
non pagano"
di Tullio
Parisi
TORINO - Una
sentenza che ha lasciato sconcertati.
Quattordici condanne per la strage dell'Heysel,
tutti hooligans. Altri undici teppisti liberi,
nessuna pena per i poliziotti e le autorità
belghe. A Torino sono stanchi di ripetere le
stesse cose. La fiducia nella giustizia belga
era già venuta meno in questi quattro lunghi
anni di attesa. Nessuno si illudeva più di
tanto, come aveva detto Scirea in questi giorni,
facendosi portavoce di una sensazione generale.
Il presidente della Juve, Giampiero Boniperti,
ha detto: "Come sempre, purtroppo, si è rivelato
estremamente difficile individuare e colpire i
responsabili. Condivido e capisco l'amarezza dei
parenti delle vittime. Nessuna sentenza avrebbe
mai potuto ripagarli, né restituire loro gli
affetti che hanno perso". Ma le loro reazioni
autentiche non lasciano dubbi sui sentimenti con
cui la notizia della sentenza viene accolta.
Tiziana Russo, vedova del marito Domenico, si
era già espressa pessimisticamente in altre
circostanze. È ancora l'amarezza che sgorga
dalle sue parole: "Non è che la logica
conclusione dei fatti di questi anni. Prima il
tentativo di insabbiare tutto, poi i rinvii e
adesso la sentenza che è una presa in giro. Non
si capisce perché i colpevoli siano solo i
teppisti e perché, fra loro, una parte sia meno
colpevole". Carlo Duchene, pinerolese, fu preso
a sprangate da James Mcgill, tifoso del
Liverpool. Rimase invalido, mentre l'inglese se
la cavò con 40 mesi di carcere e una multa di 5
milioni di franchi. "Avrebbe dovuto restare in
prigione per tutta la vita - dice Duchene. Ora
sono diventato anche più cattivo di allora, il
calcio non mi interessa più, è finito tutto
quella sera nel settore dell'Heysel. La sentenza
conferma l'atmosfera che c'era al processo: gli
avvocati degli hooligan" hanno avuto il coraggio
di accusare gli italiani. Ormai si va allo
stadio par sfogarsi, non più per divertirsi.
Isabella Landini, nipote di Gioacchino Landini,
perito all’Heysel, va controcorrente, solo per
affermare l'angoscia accumulata e per
testimoniare uno stato d'animo vicino alla
rassegnazione: "Pensavamo peggio. Dopo tutti i
rinvii, gli insabbiamenti, il minimo che ci si
poteva aspettare era una manciata di
assoluzioni. E’ vero, le pene non sono state né
severe, né distribuite con equità. Non vedo nomi
di poliziotti o di autorità tra i condannati.
Eppure la polizia non ha fatto niente per
evitare il massacro, anzi, respingeva la folla
che cercava di scappare. Gli hooligans non sono
stati i soli responsabili. E poi, perché punirne
solo una parte ? La follia collettiva è stata
responsabilità di tutti". Per lei,
diciannovenne, sarà un po’ più facile
dimenticare. Per suo padre, no. "Non bisogna
fare di tutte le erbe un fascio: e la mia
famiglia ha cercato di mantenere il senso della
giustizia senza odiare indiscriminatamente
tutti. Ma rimarrà sempre un senso di profonda
ingiustizia fuori, quando ti presenti agli occhi
della gente e non puoi nascondere il peso che ti
si legge in viso".
Fonte:
L’Unità
©
29 aprile
1989
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Boniperti: "Niente vale quegli
affetti perduti"
Giampiero
Boniperti, presidente della Juventus, ha così
commentato la sentenza di Bruxelles sull'Heysel:
"Purtroppo si è rivelato molto difficile, come
spesso accade, individuare e colpire i
responsabili. Anche se la tragedia dell'Heysel è
stata così atroce, da lasciare in tutti noi una
ferita profonda, che non potrà rimarginarsi
facilmente. Non abbiamo elementi sufficienti per
giudicare con serenità e competenza, la
giustizia ha fatto il suo corso, però capisco e
condivido l'amarezza dei parenti delle vittime:
nessuna sentenza avrebbe mai potuto ripagarli,
né restituire loro gli affetti che hanno perso
per una assurda follia collettiva che è
difficile, realisticamente, imputare soltanto a
pochi teppisti". In Gran Bretagna la sentenza ha
scatenato la protesta delle famiglie dei tifosi
condannati. "Sono disgustata - è la reazione di
Gillian Evans, moglie di uno dei 14 tifosi del
Liverpool indicati come colpevoli dalla corte
belga - ancora una volta siamo stati trattati
come capri espiatori. Questa non è giustizia".
Joan Hurst, a capo di un'associazione di
solidarietà fra le famiglie degli accusati, si è
detta "addolorata per le mamme dei condannati.
Questa sentenza scarica addosso alle famiglie un
ulteriore carico di pressioni e problemi dopo
che hanno già sofferto così tanto". Il
presidente del Liverpool, John Smith, ha detto:
"Processo è durato fin troppo, spero che sia
l'epilogo di questo sconvolgente disastro. Ora
potremo ritornare il più presto alla normalità".
Il portavoce laborista Barry Sheerman ha detto
alla Bbc: "Se qualcuno va all'estero per
commettere reati di violenza e di aggressione è
lecito che si aspetti di essere portato davanti
ad un tribunale nel Paese dove ha commesso il
crimine". r. s.
Fonte:
La
Stampa
©
29 aprile
1989
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I parenti delle vittime e gli
scampati reagiscono con sdegno alla sentenza sull'Heysel
"Anche la
legge ha perso la sua partita"
di Ezio
Mascarino
"E le
responsabilità degli organizzatori ?" - si
chiede Carlo Duchene che rimase in coma per 27
giorni. "Non volevamo vendette, non abbiamo
avuto giustizia" dice Otello Lorentini che perse
il figlio. "Provo gli stessi sentimenti di
allora" confessa Tiziana Russo, che non rivide,
più il marito.
TORINO - La
disperazione e la rabbia di quei giorni si sono
stemperate, ma tutti dicono: "Volevamo giustizia
e non c'è stata; siamo delusi, e sconfitti".
Carlo Duchene ha oggi 38 anni. Il 29 maggio 1985
fu preso a sprangate da un tifoso del Liverpool
mentre già era lontano dallo stadio: "Mi aggredì
alle spalle, ma io non ricordo più nulla. Ho
ancora in mente l'eco festosa della tifoseria
italiana, lo sventolare delle bandiere. Poi
tutto è confuso. Non voglio più pensare,
altrimenti impazzirei". Rimase in coma per 27
giorni, poi si riprese; la moglie dice: "Un
miracolo". Abitavano a Pinerolo, nel Torinese;
da un mese la famiglia si è trasferita a
Bordighera, un negozio di parrucchiere nel
centro, due passi dal mare. "Mi aiuta Yvette,
mia moglie; Claude, nostra figlia, ha 11 anni.
Se sono vivo debbo molto a lei". Non c'erano più
speranze, i medici di Bruxelles suggerirono di
far sentire a Carlo Duchene la voce della
figlia, registrata su un nastro. Lui ora
mormora: "Sento ancora quelle parole, anelli di
una catena che mi ha ancorato alla vita". Sulla
sentenza dice: "Troppe assoluzioni, pare che
nessuno abbia colpe, solo i teppisti, coloro che
materialmente ci hanno aggrediti. E le
responsabilità degli organizzatori ? No, non
chiedetemi un giudizio: io sono vivo, molti
hanno perso mariti, figli, parenti. Loro, solo
loro, hanno diritto a parlare". Otello Lorentini
è presidente dell'Associazione parenti delle
vittime: ieri è uscito dal tribunale a capo
chino: "Avremmo voluto una sentenza esemplare,
siamo profondamente delusi". All'Heysel ha perso
il figlio. "Lo so, lo sappiamo, nessuna sentenza
avrebbe potuto restituirci i nostri cari. Non
volevamo vendette, ma non abbiamo avuto
giustizia". Una "giustizia" che invocava anche
Carola Bandiera Landini. Abita a Torino in via
(omissis), quel giorno all'Heysel ha perso il
marito. Ieri mattina era in aula. E' una donna
timida, ha portato i figli. Monica ed Andrea.
Aveva detto ai vicini, chiudendo casa: "voglio
esserci, voglio guardare negli occhi i giudici,
voglio capire e sapere perché Gioacchino, mio
marito, è morto". E' uscita dall'aula del
tribunale con gli occhi gonfi di lacrime: chissà
se ha saputo, se ha capito. A Bruxelles doveva
andare anche Tiziana Russo. 30 anni, abita a
Moncalieri, all'Heysel perse il marito Domenico.
In quelle ore drammatiche, quando le prime
notizie rimbalzavamo confuse e contraddittorie,
aveva "rifiutato" l'ipotesi che il marito fosse
tra le vittime. I parenti: "Capitela, è incinta
al settimo mese, come può essere così sfortunata
? Continua a ripetere che Domenico è vivo". Poi
la bara dal Belgio, le corone dei fiori, il
cordoglio della città. "Eravamo felici per il
bimbo che doveva nascere, lui non voleva andare,
"non ti lascio ", diceva; fui io ad insistere.
La morte lo attendeva in quello stadio". Anche
lei dai magistrati di Bruxelles aspettava "solo
giustizia, ma non basta punire solo qualche
tifoso: ci sono le responsabilità degli
organizzatori. dell'Uefa, di chi ha venduto
biglietti per una zona riservata agli inglesi.
Sono passati quattro anni, provo gli stessi
sentimenti di allora: dolore, rabbia". Per non
rivivere quei momenti, per non ritrovarsi in un
incubo, Marco Manfredi, 44 anni, dipendente
dell'ospedale Santa Croce di Moncalieri ha preso
qualche giorno di ferie ed è fuggito a Massa, in
casa di parenti. "Voglio essere lasciato in
pace, non voglio neppure sapere", ha detto ai
colleghi di lavoro. Era in quello stadio, riuscì
a scappare: come, rimarrà sempre un mistero. Si
perse, girovago per una settimana, finì in
Francia, rientrò in Italia e fu trovato da un
amico a Torino. Era in stato confusionale, di
quei momenti ha ricordi vaghi, confusi: un "buco
nero". Si è ripreso, lavora sempre in ospedale.
"Ma è cambiato" - dicono i compagni.- "Parla,
ride, ma ogni tanto gli occhi si appannano,
fissi nel vuoto, in quel vuoto durato sette
lunghi giorni". Delusione, profonda delusione
per la sentenza dei giudici di Bruxelles.
"Eppure - sono ancora parole di Carlo Duchene -
bisogna trovar la forza per perdonare. Ma anche
fare di tutto per impedire che quei momenti
debbano ripetersi". Lui, strappato alla morte
dalle parole della figlia incise su un nastro,
ha seguito per televisione quanto è accaduto a
Sheffield, altri 95 tifosi massacrati in uno
stadio: "Mi sono sentito lì tra loro: qualcuno
mi spingeva, stavo cadendo, sono caduto, mi
hanno calpestato. Ancora, come quel giorno,
quattro anni fa".
Fonte: La
Stampa
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29 aprile
1989
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Condannati, ma con la
condizionale, i tifosi che causarono 39 morti
Per la
strage dell'Heysel nessuno finisce in carcere
Assolti
Comune di Bruxelles e Uefa. I parenti delle
vittime: "I nostri figli si sono uccisi da soli
?".
BRUXELLES -
Nessuno in carcere per la strage dell'Heysel.
Così hanno deciso i giudici nel processo di
primo grado, la cui sentenza è stata letta ieri.
I parenti dei 39 tifosi uccisi nel vetusto
stadio di Bruxelles chiedevano giustizia. "Ma
questa sentenza è un'offesa" hanno detto alla
fine. Molti ricorreranno in appello, ma intanto
oggi torneranno in Italia "con il cuore pieno di
tristezza. Così sembra proprio che i nostri
figli si siano uccisi da soli", come dice
scuotendo il capo Otello Lorentini, presidente
dell'Associazione famigliari delle vittime
dell'Heysel. "Volevamo una sentenza esemplare,
ma non l'abbiamo avuta. Siamo delusi". La
lettura della sentenza per la strage prima di
Liverpool-Juventus prende sei ore abbondanti. E
riserva qualche sorpresa. Le previsioni della
vigilia facevano temere ancor peggio.
Soprattutto per gli hooligans, nei confronti dei
quali si parlava di un'ampia assoluzione. Non è
stato proprio così. Pur escludendo la
premeditazione, il tribunale ha ritenuto che non
ci siano dubbi sul fatto che 14 dei 25 tifosi
inglesi incriminati abbiano capeggiato le
cariche selvagge che hanno ferito e ucciso i
tifosi: lesioni volontarie, dunque, e tre anni a
tutti. Seppur attenuati dalla circostanza che
per la metà della pena (decurtata del periodo di
detenzione preventiva effettuato, circa sei
mesi) viene concessa la condizionale per cinque
anni. Ma in galera non finisce nessuno. Il
pubblico ministero (Pierre Erauw, che ha
brillato per assenza) avrebbe potuto chiederne
l'arresto immediato, ma non lo ha fatto. Del
resto, probabilmente sarebbe stato troppo tardi.
Quando, nella mattinata, le condanne hanno
cominciato a prendere forma si è visto un
immediato sfoltimento tra i ranghi dei 18
hooligans che si erano presentati in aula. Altre
due le condanne, ambedue importanti. Una
scontata: quella del capitano della gendarmeria
Mahieu. Era lui il responsabile della sicurezza
sul campo quella sera. Ha sbagliato tutto,
rifugiandosi pateticamente dietro alla
circostanza di avere ricevuto ordini sbagliati.
"Anche se è vero, ed è tutt'altro che provato -
ha detto con durezza il presidente - un
ufficiale responsabile adegua gli ordini
all'evoluzione delle circostanze e non si
comporta da esecutore cieco". A Mahieu sono
stati inflitti nove mesi con la condizionale,
una multa di 30 mila franchi belgi (poco più di
un milione di lire), più un indennizzo simbolico
di 5 franchi. 175 lire, per ogni vittima.
Condannato anche Albert Roosens, segretario
dell'Associazione calcio belga. Sei mesi con la
condizionale, più multa e rimborso simbolico. Ma
i toni del giudice verso di lui sono stati meno
duri. Comprensione, stima per una carriera
onorata: ma evidenza penale che era lui il
responsabile dell'organizzazione della partita,
organizzazione curata con negligenza, così come
"insufficiente controllo ed anarchica
leggerezza" è stato rivelato dalla sentenza
nella vendita dei biglietti, un elemento
centrale nella meccanica della tragedia:
italiani e britannici non si sarebbero dovuti
mai trovare fianco a fianco come avvenne quella
sera. Maggiori controlli, poi, dovevano essere
fatti perché non erano mancate le "avvisaglie",
prima della gara: bande di hooligans avevano
sfasciato vetrine e negozi, seminando panico in
città. L'importanza della condanna di Roosens è
comunque nel fatto che essa trascina con sé la
responsabilità civile dell'Unione calcio belga,
che dovrà pagare i risarcimenti. E quello dei
risarcimenti è un capitolo doloroso. Avviato,
seppur non confuso, nella sentenza, sembra
promettere molto poco. I danni morali assegnati
dalla Corte appaiono bassissimi, oscillando tra
i 4 ed i 7 milioni. Ma i belgi spiegano che
questi sono i parametri del Paese. Tempi lunghi,
invece, per i danni materiali. Nella maggioranza
dei casi il giudice ha sì affermato il principio
della loro esigibilità, ma ha assegnato una
cifra simbolica di rimborso, rinviando tutto ad
ulteriori accertamenti peritali. Che sembra
aprire la strada ad una serie di transazioni.
Poche le decisioni in materia prese già ieri: il
rimborso più alto è stato assegnato alla vedova
del figlio di Otello Lorentini: 300 milioni di
lire. Esce di scena, invece, l'Uefa. La sentenza
ne esclude ogni responsabilità, e la stessa cosa
ha deciso per il Comune di Bruxelles.
Fisicamente alla sbarra erano presidente e
segretario generale dell'Uefa, Jacques George e
Hans Bargerter, e sindaco ed assessore allo
sport di Bruxelles, Hervé Brouhon e Vivianne
Baro. Mentre l'assoluzione della municipalità
appariva scontata e non ha suscitato reazioni,
quella dell'Uefa è stata accolta male dalle
parti civili. Insomma, una triste conclusione
dopo 5 mesi di processo, 84 udienze, 260 ore di
dibattito. E qualcuno mormora che senza la
tragedia di Sheffield le cose potevano andare
ancora peggio. Non che volessimo vendetta -
mormora Marilena Fabbro, che all'Heysel ha perso
marito e figlio - ma la giustizia non l'abbiamo
avuta. g. e.
Fonte: La
Stampa
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29 aprile
1989
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Sentenza Heysel, vergognoso
ricorso in appello
L'Unione
Belga rifiuta di risarcire le famiglie
I commenti
inglesi: "Le radici delle stragi nella cultura
del nostro calcio".
BRUXELLES -
"Sentenze come questa non riusciranno a tenere
alla larga il teppismo", sostiene l'avvocato
Claudio Pasqualin che insieme ad altri cinque
legali ha rappresentato al processo sui fatti
dell'Heysel i congiunti delle vittime. E
aggiunge: "I giudici sono stati troppo
indulgenti ed il pubblico ministero Pierre Eraux
non ha neppure ordinato l'arresto dei colpevoli
dopo la sentenza". Amarezza nelle parole di
Marilena Fabbro che nella strage di Bruxelles ha
perduto il marito: "In base alla legge belga i
quattordici teppisti riconosciuti colpevoli
avrebbero potuto essere condannati ad una pena
massima di cinque anni di reclusione. Un
avvocato, che ha chiesto di conservare
l'anonimato, ha spiegato che i giudici si sono
trovati in difficoltà nel verdetto perché
consapevoli che nella strage erano rimasti
coinvolti altri tifosi del Liverpool mai
assicurati alla giustizia". La delusione dei
familiari delle vittime dell'Heysel è ribadita
da Otello Lorentini, presidente
dell'associazione costituita dopo la strage.
Lorentini ha rilevato una cauta soddisfazione
solo per le responsabilità riconosciute
all'Unione calcio belga. Ma ha espresso amarezza
per la completa assoluzione dell'Uefa e del
governo belga. Nel commentare la sentenza il
presidente dell'Uefa, Jacques Georges,
prosciolto da ogni accusa, se l'è cavata con un
generico: "Spero ardentemente che il calcio non
debba mai più trovarsi in veste di imputato
nell'aula di un tribunale". La stampa inglese
non ha accennato soddisfazione per la sentenza,
il "Guardian" spera che proprio la tragedia di
Sheffield "possa aiutare Liverpool a comprendere
l'angoscia in Italia per il disastro
dell'Heysel. Nessuna somma offerta dal governo
britannico, a parte le miserevoli 5000 sterline
pagate per ogni vittima, può compensare le
perdite sofferte dalle famiglie italiane". Per
l'Independent la sentenza mette in risalto:
"...Le radici dei disastri sono insite nella
cultura del calcio inglese". Intanto, fatto
clamoroso, l'Unione calcio belga riconosciuta
civilmente responsabile della tragedia
dell'Heysel, e quindi tenuta a risarcire i danni
alle famiglie delle vittime, intende ricorrere
in appello contro la sentenza. Fra i condannati
solo per risarcimento danni anche 14 teppisti,
l'ex segretario dell'Unione calcio belga Roosens,
un capitano della gendarmeria. La Federazione
belga è considerata l'unica parte solvibile, sia
per disponibilità proprie sia perché coperta da
forti assicurazioni.
c. p.
Fonte:
La
Stampa
©
30 aprile
1989
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In appello sentenze strage
Heysel
BRUXELLES -
Le sentenze emesse per la strage dell'Heysel
saranno riesaminate in appello. La magistratura
belga ha dato parere favorevole alle istanze
presentate dai difensori degli imputati e dai
rappresentanti delle parti civili al termine del
processo di primo grado, conclusosi il 28
aprile. Non è stata ancora fissata la data
d'inizio del nuovo processo, che riguarderà
tutti gli imputati, con l'eccezione del
vicesindaco della capitale belga Viviane Baro.
In primo grado i giudici hanno condannato 14
tifosi inglesi a tre anni e ne hanno assolto
altri 11.
Fonte: La
Stampa
©
19 maggio
1989
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Per i morti dell'Heysel
l'Europa ha stanziato oltre tre miliardi di lire
ROMA - A
favore delle famiglie colpite tre anni fa
dall'eccidio allo stadio Heysel, sarebbero stati
stanziati complessivamente in ambito Cee, 205
mila sterline (oltre 870 milioni di lire), 200
mila Ecu (300 milioni di lire), 100 mila marchi
tedeschi (più di 70 milioni) e oltre due
miliardi di lire. Lo rende noto il ministro del
Turismo, Sport e Spettacolo, Franco Carraro, in
un documento con cui risponde ai deputati
Francesco Servello e Adriana Poli Bortone (msi-dn)
autori di una interrogazione "sulle gravi
difficoltà finanziarie" delle famiglie delle
vittime dell'Heysel. I due parlamentari
chiedevano fra l'altro al ministro se non
ritenesse necessario promuovere "appropriate
iniziative" di sostegno economico "sia
direttamente, sia presso la Federazione italiana
Gioco Calcio". L'elenco delle iniziative rese
note dal ministro comprende: 1°) un accredito
del governo britannico presso la propria
ambasciata a Roma di 155 mila sterline (da
destinare alle famiglie colpite), oltre
all'istituzione di un fondo supplementare di 50
mila sterline. 2°) 200 mila Ecu stanziati dalla
Comunità europea che ha provveduto alla
"distribuzione diretta delle relative quote alle
famiglie interessate". 3°) L'iniziativa del
Belgio per il sostegno "delle spese ospedaliere
e funebri". 4°) 100 mila marchi raccolti e
distribuiti direttamente dall'Uefa. 5°) Il
complesso delle iniziative italiane per oltre 2
miliardi di lire, di cui 197 milioni erogati dal
ministero degli Interni e ripartiti "sulla base
delle condizioni economiche dei rispettivi
nuclei familiari". Fra le altre iniziative
italiane si contano 34 milioni di donazioni
private "suddivise secondo gli stessi criteri
assistenziali del ministero dell'Interno"; 320
milioni, corrispondenti a 10 milioni per ogni
congiunto deceduto, sono stati erogati dalla
Federazione italiana Gioco Calcio che ha
provveduto anche ad un "ulteriore contributo
diretto" di 611 milioni. Infine la Fondazione
Agnelli è intervenuta con 970 milioni, di cui
812 distribuiti alle famiglie delle 32 vittime e
158 milioni ai 34 feriti, escludendo i 220 casi
di feriti leggeri.
Fonte:
Stampa Sera
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25 maggio
1989
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L’arcivescovo di Torino chiede
giustizia per l’Heysel
"Chiediamo
giustizia per le vittime dell'Heysel se ancora
non è stata fatta del tutto". Così ha detto
l’Arcivescovo di Torino, mons. Giovanni
Saldarini, durante l’omelia della messa in
occasione del quinto anniversario della tragedia
di Bruxelles in cui ha ricordato le "vittime di
uno dei tanti gesti irragionevoli che si
compiono sulla terra quando si perde la misura".
Alla cerimonia religiosa erano presenti molti
tifosi, dirigenti e giocatori della Juventus,
fra cui il presidente Boniperti e gli allenatori
Zoff e Scirea.
Fonte: L’Unità
©
31 maggio
1989
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Sarà abbattuto l'Heysel
nascerà uno stadio sicuro
BRUXELLES -
Entro il 1991 lo stadio Heysel di Bruxelles sarà
interamente ricostruito. I lavori di demolizione
delle strutture attuali cominceranno l'anno
prossimo. Lo ha deciso il Consiglio comunale
della capitale belga. Il nuovo stadio -
destinato a sostituire quello in cui 39 tifosi
italiani trovarono la morte il 29 maggio 1985
sotto l'urto degli hooligans del Liverpool,
prima della finale di Coppa Campioni con la
Juventus - sarà in regola con le più rigorose
norme di sicurezza. Lo ha assicurato il
borgomastro di Bruxelles, Hervé Brouhon,
commentando ieri sera la decisione adottata dal
Consiglio comunale. Nell'analisi delle cause
della tragedia dell'Heysel, Brouhon era stato
severamente criticato: lo stadio infatti
appartiene al Comune e il sindaco è responsabile
della sicurezza delle strutture che risultarono
inadeguate la sera di quella tragica finale.
Fonte: Stampa Sera
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23 settembre
1989
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